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Barcellona, polo florovivaistico sui terreni dell’Esa

Depositati vecchi frigoriferi in quattordici capannoni coi tetti ricoperti di eternit

Il progetto del Polo florovivaistico di Barcellona

Nel sito di contrada Sant’Andrea, dove un tempo sorgevano gli agrumeti di proprietà delle famiglie della borghesia locale, occupato fino ai primi anni Ottanta dalla Electromobil, l’industria che produceva frigoriferi per conto di imprenditori del Nord-Est attirati dai benefici concessi dalla Regione, da decenni assegnato all’Ente per lo sviluppo agricolo che l’ha utilizzato come sede deposito del Centro di meccanizzazione agricola, sorgerà il Polo florovivaistico.

In principio, sul finire degli anni Sessanta, i 14 capannoni realizzati nel primo nucleo dell’area industriale di Barcellona Pozzo di Gotto rappresentarono, al culmine del boom economico che ha sfiorato anche la Sicilia, l’illusione di una industrializzazione indotta e foraggiata dai cospicui fondi pubblici, tanto che si trattò di una delle prime esperienze industriali nell'Isola sostenute con fondi pubblici dal neo nato “Espi, Ente siciliano per la promozione industriale”, attualmente in liquidazione. Finiti i fondi pubblici, gli imprenditori del Triveneto abbandonarono l’industria al suo destino e la Regione si accollò tutti gli oneri relativi alla prime forme di prepensionamento per i dipendenti che avevano maturato i diritti e di ricollocamento per altri dipendenti impiegati nell’amministrazione dell’industria che invece, sempre con fondi regionali, furono aggregati negli uffici comunali di Palazzo Longano, con emolumenti a carico delle finanze regionali. La presenza di questo gruppo di dipendenti che provenivano dall’Electromobil, generò anche differenze salariali. I nuovi impiegati pagati dalla Regione percepivano stipendi più alti parametrati a quelli erogati per i dipendenti regionali, mentre i comunali percepivano somme inferiori.

Adesso, la riconversione del grande insediamento in Polo florovivaistico nei capannoni dell’ex fabbrica che dovrebbe essere gestito sempre dall’Esa, avverrà grazie ai fondi del “Masterplan” che per il progetto di bonifica e riconversione prevedono 8 milioni di euro. Nei 14 capannoni ricoperti ancora di lastre di onduline di amianto, ci sarebbero stivati parti dei vecchi frigoriferi che per pochi anni sono stati assemblati all'interno dell'industria che chiuse i battenti prima ancora di ogni ottimistica previsione.

Il progetto recuperato dall'Amministrazione Calabrò, nei mesi scorsi aveva ottenuto dal Genio civile il visto necessario per la variante di una parte di struttura che in atto ha una destinazione diversa da quella prevista dal progetto che prevede la creazione del Polo florovivaistico e nella prossima seduta consiliare dovrebbe ottenere il voto per consentire il cambio di destinazione. L’iniziativa curata dall’Esa era stata dimenticata dallo stesso ente e dalla precedente Amministrazione. Tant’è che una volta insediata, l’attuale Esecutivo, con l’assessore ai Lavori pubblici Roberto Molino, ha sollecitato lo stesso Ente per lo sviluppo agricolo, e in particolare l’ex dirigente del Settore tecnico di Palazzo Longano Gaetano Schirò, rientrato nei ranghi dell’Esa da cui proveniva, affinché completasse la fase progettuale rimasta fino a quel momento inevasa

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