Una realtà nata nel 2013. Benedetta dai vari assessori regionali che si sono succeduti alla Sanità siciliana (da Massimo Russo a Rita Borsellino, fino a Ruggero Razza). Una realtà che, soprattutto, ha curato migliaia di pazienti, per i quali ha rappresentato l’unica ancora di salvezza, l’unica luce in fondo al tunnel delle malattie neuromuscolari.
Cosa non ha funzionato più, allora, nei rapporti tra Nemo Sud e Policlinico di Messina? Cosa è cambiato dall’ultima convenzione tra lo stesso Policlinico e la Fondazione Aurora, ente gestore del centro clinico, che risale al 2017, non un secolo fa? Da allora è cambiato il rettore, con Salvatore Cuzzocrea che ha sostituito Pietro Navarra. E da un anno non c’è più un direttore generale, al Policlinico, sostituito da un commissario. Ma basta, tutto questo? Perché è da qui, da questa rottura, che prende vita un caso che rischia di privare Messina (e fors e non solo) di quello che era diventato un punto di riferimento per buona parte del Sud Italia.
Per ricostruire come si arriva all’accelerazione di questo “divorzio” si può partire da febbraio 2020, quando l’emergenza Covid è agli albori e non ha ancora stravolto la quotidianità di tutti e del Policlinico in particolare. La Fondazione Aurora chiede formalmente all’allora direttore generale, Giuseppe Laganga, una rimodulazione del personale: i pazienti presi in carico aumentano, così come le attività di ricerca e i trial con la Neurologia dell’azienda sanitaria e la somministrazioni di farmaci innovativi. Il Nemo Sud, infatti, è l’unico centro somministratore riconosciuto in Sicilia dalla Regione.
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