È rimasto lo “zoccolo duro” a Fondo Fucile. Così lo definisce il presidente dell’Agenzia del Risanamento, l’avv. Marcello Scurria. Ricorriamo al dizionario: «Zoccolo duro è, in un gruppo, un movimento, un’associazione, un partito, la parte più fedele e tradizionalista, quindi restia a eventuali mutamenti o trasformazioni». Le venti famiglie che rimangono in baracca, e per le quali ancora non si è riuscita a trovare una soluzione, sarebbero, dunque, «la parte più restia a eventuali mutamenti o trasformazioni». Non accettano le case che vengono proposte loro, non vorrebbero spostarsi troppo dalla zona in cui hanno vissuto, adducono probabilmente altre ragioni. Sta di fatto che restano ancora lì, mentre tutt’intorno, a poco a poco, non c’è più nessuno. Di 140 famiglie, che risiedevano nella più grande baraccopoli messinese, ne sono rimaste 20. Altre 12 proprio ieri mattina hanno avuto consegnate le chiavi delle nuove abitazioni, nell’androne di Palazzo Zanca, presenti il sindaco Cateno De Luca, l’assessore al Risanamento Salvatore Mondello, il presidente Scurria e i componenti del Cda di Arisme. De Luca ha lanciato un chiaro avvertimento: «Noi non aspettiamo più che vengano liberate le baracche, avviamo le procedure d’appalto per la demolizione del “lebbrosario” di Fondo Fucile, entro la fine di giugno l’operazione si completerà e chi rifiuta la casa assegnata decadrà definitivamente dalla graduatoria. Quel giorno chiederò alle forze dell’ordine di andare a prelevare coloro che eventualmente saranno ancora dentro».
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