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La birretta al vaccino, l’intuizione visionaria del commissario Firenze

Qualcuno avrà già aguzzato l’ingegno e presto ci ritroveremo sugli scaffali dei supermercati la birra “AstraZeneca”, bionda e speziata, o la “Pfizer” ambrata doppio malto, come le due dosi del vaccino. A Messina la strampalata idea di offrire un bicchierino di birra ai giovani, incentivo frizzante per dare una nota di colore festaiolo alla somministrazione del vaccino, si è rivelata un boomerang. E non poteva essere diversamente, bersaglio troppo facile per la reprimenda seriosa e l’ironia pungente. Eppure il commissario per l’emergenza Coronavirus nella città dello Stretto, Alberto Firenze, non pensava di essere travolto da  una valanga fustigante. In fin dei conti era solo un approccio goliardico. E non è escluso che tra qualche anno la birretta esecrata possa essere riabilitata nel suo valore dissacrante.

I sacerdoti della pandemia, infatti, da tempo ci ricordano che siamo destinati a convivere con il Covid, il grimaldello che ha scardinato le nostre placide vite, indirizzate verso una degna sepoltura. Le nuove generazioni da due anni vivono in una bolla di deviazioni, all’interno della quale altri e insidiosi agenti invisibili agiscono nell’ombra. Basta ascoltare i toni preoccupati degli “strizzacervelli”, allarmati dai sentimenti oscuri che si sono insinuati tra i giovani, i più esposti agli effetti collaterali della pandemia.

La sciagura del secolo diventerà un banale ceppo influenzale da curare con un’aspirina, magari da sciogliere in un euforico cocktail, di quelli che i giovani tracannano senza limiti, beffando i guardiani del senso comune. E allora la birretta del commissario Firenze sarà ricordata come l’intuizione pionieristica di un linguaggio che si dovrà rigenerare, allineandosi alle misure della convivenza con gli eredi del raffreddore.

Basta con “incubo” e “tragedia”, “emergenza” e “crisi”. È il momento di pensare a una progressiva conversione semantica per consentire ai giovani di uscire dalla penombra che sta velando pensieri, stati d’animo e comportamenti. Se questa è un’esigenza avvertita dagli analisti più avveduti, allora potremo guardare alla birretta “Pfizer” con un po’ più di indulgenza. Magari considerandola un tentativo prematuro di smantellare il linguaggio luttuoso che ci tiene incatenati all’oscurità. Quindi, commissario Firenze, non si rammarichi più di tanto. I geni, si sa, sono sempre incompresi.

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