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Operazione "Provinciale": la “voglia” di mafia da recidere sempre

Tra le pieghe pubbliche dell’indagine “Provinciale”, e tra le carte private, oltre alla classica «connotazione mafiosa» che aveva assunto nuovamente il clan Lo Duca, emerge in maniera molto evidente uno dei tradizionali parametri di consenso delle organizzazioni mafiose: la sostituzione nella funzione di assistenza che dovrebbe esercitare lo Stato nel “welfare di quartiere”, nella risoluzione delle piccole, e grandi, questioni che si possono presentare all’interno di un nucleo familiare. E che purtroppo, molto spesso per quella “voglia” insana e insita di mafia che c’è in parecchi substrati sociali, ammesso che ancora esistano queste classificazioni sistemiche, emerge in tutta la sua virulenza.

C’è un altro elemento caratterizzante emerso dall’indagine, ovvero il controllo totale alla vecchia-maniera dell’intero rione esercitato dal clan Lo Duca ricostruito, e che fa un po’ ripensare, per i corsi e ricorsi storico-mafiosi, al quartiere Cep di Iano Ferrara degli anni 80, un rione dove secondo la vulgata criminale ricorrente in quel periodo si “dormiva con le porte aperte” e i “cassonetti della spazzatura erano sempre puliti” e “i pali della luce si accendevano ogni giorno”. Anche Lo Duca, conversando mentre è intercettato, quindi molti anni dopo dal suo quasi coetaneo Ferrara, adopera analoga “parabola”, ed è molto accaldato, quando deve prendere atto che uno dei figli del fratello Santo ha organizzato addirittura una rapina nel suo regno (“Non ti sei saputo guardare i tuoi figli. Quello mi ha fatto fare una gran brutta figura, mi fai la rapina, qua! Le persone stanno con le porte aperte con me! E mi hai fatto la rapina qua! L’altro figlio con la coca cola! Ma che facciamo scherziamo?”). Scrivono i pm nella loro richiesta che «... ogni fatto, lecito o illecito, che si è verificato nel quartiere di appartenenza è stato conosciuto dall’associazione; dalla perpetrazione di reati, alle periodiche visite da parte delle Forze dell’Ordine: qualsiasi fatto di rilievo è stato sottoposto al controllo del clan».

Se la fotografia di oggi in una fetta di città in cui regnava fino a pochi mesi fa Lo Duca - ma siamo sicuri che non sia così anche da altre parti ? -, è uguale a quella degli anni 80 al Cep dove regnava Ferrara, allora è lecito chiedersi cosa sia successo in tutti questi anni nella rete degli interventi sociali nei quartieri, nella scuola, nella grande forza dei preti coraggiosi che pure nel rione ci sono stati. Forse è il caso di ricreare una valida rete di contrasto civile a Provinciale, farsi sentire, gridare nuovamente contro la mafia. Quei ragazzi che girano per strada hanno diritto ad un futuro per bene. Perché da sempre ci spiegano che l’intervento repressivo è solo l’ultima spiaggia nel tessuto già compromesso dalle infiltrazioni mafiose. E ogni volta che qualcuno si rivolge al boss di turno per risolvere un problema personale, o per essere spinto in campagna elettorale, lo Stato ha, irrimediabilmente, perso.

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