Si chiude con oltre un centinaio di rinvii a giudizio la maxi udienza preliminare dell’operazione Nebrodi sulla mafia dei pascoli. L'atto finale pochi minuti fa all’aula bunker di Gazzi, con il gup Simona Finocchiaro che ha letto un lungo dispositivo di sentenza.
Si tratta di un maxiprocesso a tutti gli effetti sulle truffe agricole all’Agea e all'Unione Europea dei clan mafiosi tortorciani, che vedeva inizialmente alla sbarra ben 133 imputati (i detenuti erano tutti in videoconferenza), mentre gli avvocati impegnati nelle difese erano ben 84. Una decina le parti civili tra enti e associazioni antimafia e antiracket, c'era anche un coraggioso imprenditore della zona che per mesi fu vessato dai clan tortorciani.
A rappresentare l’accusa c'erano oggi il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e i sostituti della Distrettuale antimafia Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti, ovvero i magistrati che hanno seguito l’indagine Nebrodi, portata avanti nei mesi scorsi dai carabinieri del Ros e dalla Guardia di Finanza.
L’inchiesta ha delineato i nuovi assetti delle due storiche associazioni mafiose tortoriciane, i Bontempo Scavo e i Batanesi, che oltre all’egemonia nella zona nebroidea erano in grado di interfacciarsi con le “famiglie” di Catania, Enna e del mandamento delle Madonie di Cosa nostra palermitana. I Batanesi avevano influenza in provincia di Enna grazie a una “cellula” nel territorio di Centuripe, e intervenivano in alcune dinamiche mafiose a Regalbuto e Catenanuova, sfruttando i buoni rapporti con esponenti della criminalità locale. La loro influenza si estendeva pure a Montalbano Elicona, un tempo feudo dei Cosa nostra barcellonese.
Il maxiprocesso Nebrodi inizierà il 2 marzo 2021 all'aula bunker di Messina.
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