Aprile 1998. Risale a più di 22 anni fa il primo degli atti presi in esame dall’area tecnica del Comune per stilare il Documento di indirizzo alla progettazione approvato due giorni fa dalla Giunta De Luca. Il documento con cui il sindaco e l’assessore alla Mobilità urbana Salvatore Mondello intendono chiudere, una volta per tutte, una delle tante (troppe) farsesche telenovele in salsa messinese: quella delle due rampe che collegano lo svincolo di Giostra alla galleria San Jachiddu, “bypassando” proprio il viale Giostra, per arrivare all’Annunziata direttamente dall’autostrada.
Aprile 1998: allora furono messi nero su bianco i calcoli statici dei due viadotti, che oggi scopriamo chiamarsi “O” e “P”. Che sono lì, “sembrano” completi, sono stati collaudati nel 2009 ma non sono mai stati utilizzati. Ed è significativo che i due atti successivi presi in esame siano invece del febbraio scorso e sono gli esiti delle ispezioni effettuate sui due viadotti dalla ditta Fipmec Srl.
La sintesi che ne fa il dirigente dell’area tecnica di Palazzo Zanca, Antonio Amato, è deprimente, perché viene fuori questo quadro sulla condizione di “O” e “P”: apparecchi di appoggio (si chiamano così gli elementi di connessione tra gli impalcati e i piloni) «aggrediti dalla ruggine, non avendo in questi anni avuto nessuna manutenzione ordinaria o straordinaria»; deformazione delle piastre «anche di parecchi millimetri, che indicano una sollecitazione sull’appoggio non corretta»; sono ancora presenti targhette di montaggio e trasporto «che dovevano essere eliminate in quanto, in caso contrario, non consentono un corretto funzionamento dell’appoggio che risulta bloccato».
Poi si fa la conoscenza con un altro termine tecnico, controbaggiolo, sostanzialmente il sostegno della campata che serve a darle equilibrio: «È stata rilevata in numerosi casi – si legge – la presenza di un controbaggiolo superiore che mette a contatto la piastra superiore dell’appoggio con l’impalcato». Cosa c’è di strano? Che il controbaggiolo in questione «non è presente in progetto, non si conosce se è armato o meno, e soprattutto presenta talvolta delle lesioni verticali o orizzontali o lesioni in corrispondenza dell’attacco con il viadotto che fanno sospettare che si tratti di un riempimento con malta colata per aggiustare le quote degli appoggi».
Altro tecnicismo (ci scuserete): i ritegni sismici. Sono dispositivi meccanici fissi che evitano il “movimento” della struttura (le nostre sono “traduzioni” molto semplificate, chiariamo a beneficio dei cultori della materia): ebbene, quelli trasversali «sono presenti, ma spesso non a contatto con i ritegni presenti sulla pila», con parti «deteriorate o non in posizione» e col risultato che «spesso l’impalcato è completamente appoggiato su un lato e lascia un notevole spazio sul lato opposto»; i ritegni longitudinali, invece, «presentano segni di ruggine, alcuni sono bloccati da getti di calcestruzzo presumibilmente eseguiti al momento della costruzione e da presenza di conglomerati bituminosi».
Insomma, anche senza essere un tecnico o avere una laurea di ingegneria, non pare difficile capire che sembra si stia parlando del rattoppo alla meno peggio di una mensola in una casa di campagna, piuttosto che di un viadotto “quasi” autostradale. Ma non finisce qui. Il documento torna a parlare degli appoggi (ricordiamo, il collegamento tra impalcato e pilone): ce ne sono «non posizionati correttamente» perché quelli di progetto «sono stati scambiati» (avete letto bene) su una pila dei due viadotti; e ce ne sono «non conformi alle indicazioni progettuali». In questo caso vi risparmiamo i tecnicismi, ma la sostanza è questo: il progetto prevedeva degli appoggi in grado di “autoregolarsi” in coincidenza delle curve (si chiamano «a guida orientabile»); quelli montati, invece, sono tutti di tipo «semplice». Altro che augoregolarsi...
In poche parole, l’ing. Amato parla di «difetti di costruzione» che «mettono in forte dubbio il corretto funzionamento» di appoggi, ritegni e tutto quel glossario di ponti e viadotti, in altri termini il corretto funzionamento di quegli strumenti che rappresentano la base minima di sicurezza – specie in zona sismica – di un’opera come questa.
La via scelta dal Comune per intervenire è la più (relativamente) breve: «un semplice ripristino delle condizioni» previste nel progetto approvato a suo tempo dal Genio Civile. Quindi non un adeguamento del viadotto alla normativa attuale, ma solo un ripristino di quelle che avrebbero dovuto essere – ed evidentemente non sono state o non sono più – le condizioni definite all’atto del collaudo. Ma al momento, va precisato, si parla solo di affidamento dell’incarico di redazione dello studio di fattibilità, per poco più di 40 mila euro.
«Le risorse per la realizzazione dell’intervento – si legge nella delibera – saranno individuate solo dopo». Insomma, la strada è ancora lunga. Con pochi appoggi, ma soprattutto senza ritegno.
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