Non siamo ai livelli degli Stati Uniti degli anni '20, però la logica, adattata al nostro secolo, si avvicina molto. La Prefettura di Messina ha deciso di alzare l'asticella dei controlli e delle restrizioni: un test, di due settimane, per capire se chi, anche dopo il lockdown, ha vissuto una movida senza regole, ha imparato la lezione.
Il Comune ha agito di conseguenza con due ordinanze firmate ieri sera (QUI IL TESTO COMPLETO) e in vigore fino al 30 giugno: vietato l'asporto di alcolici dai locali dalle 20 in poi (i distributori automatici, invece, non potranno rilasciare bibite alcoliche già dalle 19) e, in generale, è vietato consumare bevende alcoliche «di qualsiasi gradazione» nelle aree pubbliche; e soprattutto nuovi orari di chiusura, dal lunedì al giovedì all'1, nel fine settimana all'1.30. Limiti che non riguardano tutti i locali, dai ristoranti ai lidi, passando per rosticcerie, chioschi, furgoncini per i panini, pub, bar.
Le associazioni di categoria non hanno ancora assunto una posizione ufficiale, ma serpeggia ovvio malcontento, anche perché altrettanto ferma era stata la condanna, da parte delle associazioni stesse, degli episodi avvenuti nello scorso week-end. Secondo molti esercenti e rappresentanti di categoria il rischio è di penalizzare chi fa impresa, senza andare a fondo al vero cuore del problema, ritenuto più di ordine sociale.
«Ci ripetiamo sempre che Messina è una città turistica - è lo sfogo ricorrente -, ma il concetto di città turistica vuole che, appunto, sia la città, con le sue piazze, le sue strade, ad accogliere le persone. Dobbiamo allora chiederci se questa logica è ancora sostenibile e una volta avuta la risposta, bisogna spiegarla a chi continua ad investire su questa logica stessa».
Molti ritengono inutile se non insensato proibire, ad esempio, che una focacceria possa vendere, dalle 20 in poi, una birra a chi acquista focaccia. Quasi grottesco che un divieto del genere possa valere anche per chi svolge servizio a domicilio (il cosiddetto delivery). E c'è chi, come il commerciante Denny Anna, sbotta: «A questo punto tanto vale chiudere».
Di tutt'altro avviso, ovviamente, i rappresentanti dei comitati “Centro storico vivibile” e “Associazione centro storico Messina”, che giudicano «positivamente» le decisioni assunte in prefettura. «Provvedimenti che dovrebbero tenere conto dei vari contesti locali “ambientali” - commentano - e che, per quanto riguarda Messina ed in particolare il suo centro storico, si sono resi necessari per i modi distorti con cui viene vissuta la cosiddetta “movida”».
Secondo i due comitati dei residenti le misure dovrebbero essere ancora più stringenti, «un orario unico per tutta la settimana che, a nostro parere, dovrebbe variare tra la mezzanotte per i primi giorni della settimana e massimo l'una di notte per le sere del week-end. Si consentirebbe, finalmente, il diritto al riposo notturno».
Il quesito di fondo è: quale evoluzione ha avuto il necessario (e mai facile) equilibrio dei diritti di tutti (dei residenti, degli esercenti, dei giovani) se nel 2020 la risposta più efficace delle istituzioni è, di fatto, è un nuovo “proibizionismo”. Il proibizionismo 2.0.
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