È la “fase 2” di ogni inchiesta quella più delicata. Ovvero quando dopo la raccolta di una serie di dati investigativi si devono ipotizzare le cosiddette condotte penalmente rilevanti.
E a quanto pare l'inchiesta della Procura sulla gestione dell'emergenza coronavirus a Messina è arrivata proprio a questo punto. Nelle scorse settimane c'è stata una vasta attività della polizia giudiziaria su più fronti, che potremmo definire pubblici e privati, delegata dai magistrati del pool che attualmente si sta occupando della vicenda. E in questi giorni si sono susseguiti più vertici nell'ufficio del procuratore capo Maurizio De Lucia a Palazzo Piacentini.
Il fascicolo iniziale è stato iscritto a “modello 45”, ovvero senza ipotesi di reato e indagati, ma solo “conoscitivo”, ed è stato aperto dopo l'arrivo di alcuni «atti», e a quanto pare è stato secretato per ragioni di opportunità legate alla pandemia. Il procuratore De Lucia e i magistrati del pool hanno assegnato nelle scorse settimane anche una serie di deleghe d'indagine alle sezioni di polizia giudiziaria, e hanno suddiviso anche varie tranche d'approfondimento.
Adesso, dopo i primi step di acquisizione, sarebbero maturi i tempi per l'individuazione delle varie responsabilità. Ovviamente il lavoro degli investigatori non si è limitato alle sole acquisizioni, ma sono stati effettuati parecchi accertamenti mirati su più fronti, quelli che sono sotto gli occhi di tutti: il famigerato “caso sciatori”, la gestione dei transiti nello Stretto, i focolai nelle case di riposo, gli spostamenti e l'attività pubblica di eventuali positivi, la mancanza di dotazioni di protezione, i ritardi o le omissioni nella “macchina sanitaria d'intervento”, potremmo etichettarla così.
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