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Fondi Ue per Messina, la Consulta: ritardi per colpa della "guerra tra istituzioni", ora vanno spesi

Sopralluogo nell'area ex Sanderson di Pistunina un paio di mesi fa

Il Consiglio dei ministri non avrebbe dovuto impugnare le norme contenute nell'articolo 99 della legge finanziaria della Regione Siciliana del maggio 2018. È venuto meno il principio della leale collaborazione tra Stato e Regione.

La questione di legittimità costituzionale posta dal governo nazionale era infondata. Sentenza choc, quella firmata dal presidente della corte costituzionale Marta Cartabia (giudice relatore Aldo Carosi), che di fatto imputa all'assurda guerra tra istituzioni la mancata utilizzazione di fondi europei che avrebbero dovuto essere impegnati in gran parte anche per la città di Messina.

L'articolo 99, infatti, era il frutto degli emendamenti proposti da Cateno De Luca, all'epoca deputato regionale e non ancora sindaco, con i quali l'Assemblea Regionale Siciliana aveva stanziato somme consistenti destinate al risanamento di Messina, all'approvvigionamento idrico, alla bonifica e valorizzazione dell'area ex Sanderson di Pistunina, all'abbattimento delle barriere architettoniche, alla realizzazione di strutture residenziali per disabili e soggetti affetti dal disturbo dello spettro autistico, i cosiddetti villaggi del "dopo di noi".

Per risolvere le criticità idriche di Messina erano destinati 20 milioni, 25 per la Sanderson, 50 per le residenze disabili e soggetti autistici, altri fondi per lo sbaraccamento e 10 milioni per la tutela del patrimonio storico e architettonico nei siti riconosciuti dall'Unesco.

De luca aveva fatto di queste modifiche alla finanziaria regionale il suo cavallo di battaglia anche durante la campagna elettorale del 2018 per la sindacatura, ed era stato duramente attaccato soprattutto dai deputati regionali dei Cinque stelle. I fondi erano ricavati dalle risorse europee del piano di azione e coesione-poc 2014-2020.

Il governo impugnò alcuni articoli di quella Finanziaria, la Regione fece ricorso. E ora la Corte costituzionale dice chiaramente che bisognava "assicurare il bilanciamento necessario tra l'interesse finanziario primario alla corretta utilizzazione e alla spendita dei fondi in modo conforme alla disciplina europea e quello inerente alla corretta sequenza dei procedimenti amministrativi che avrebbero dovuto essere perfezionati attraverso la leale cooperazione tra stato e regione ".

Leale cooperazione che non c'è stata e anzi l'iniziativa del governo ha solo provocato una stasi che rischia di pregiudicare in modo definitivo l'impiego di quei fondi europei. La Corte, infatti, ricorda che quelle risorse vanno utilizzate e rendicontate entro il 31 dicembre del 2023. È quindi accertata la prioritaria necessità di procedere all'impegno e all'attuazione degli interventi entro le scadenze previste dalla normativa europea.

Insomma, in questi due anni, Messina è stata defraudata, derubata da risorse che andavano messe in campo e utilizzate. Il sindaco De Luca, da noi contattato, rinvia il proprio commento a ulteriori valutazioni, dicendosi soddisfatto per vedere riconosciuto l'impegno svolto a favore della città ma anche profondamente amareggiato per quanto accaduto in questi anni, per gli attacchi subiti e per il palleggio di responsabilità tra stato e regione, che ha mortificato gli enti locali e in particolare il territorio messinese.

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