L’inchiesta sull’untore sieropositivo di Messina che ha contagiato alcune sue compagne ed è accusato di averne uccisa una, adesso è chiusa. E si apre anche un “braccio di ferro” tra la procura e il gip, che lo ha scarcerato concedendogli gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico.
Ma ci sono altre novità - ricostruiste la Gazzetta del Sud in edicola - nella vicenda del 55enne messinese L.D.D., affetto da Hiv, arrestato a settembre con l’accusa d’omicidio per aver infettato la compagna, poi deceduta tra atroci sofferenze, l’avvocato messinese S.G., spirata nel luglio del 2017 a 45 anni. La donna non fu curata per l’Aids contratto dal partner, patologia che non fu mai diagnosticata, e per questo aspetto c'è una seconda inchiesta a carico dei medici che la seguirono durante la malattia.
A quanto pare dopo il primo step di indagini della Sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri, adesso si sarebbe ulteriormente allargato, dopo altri accertamenti, in più parti d’Italia e anche all’estero, il numero di donne che l’untore potrebbe aver contagiato.
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