Si erano nascosti fra i migranti salvati ma sono stati individuati da polizia e guardia di finanza.
Sono i tre giovani africani accusati di essere gli scafisti dei profughi tratti in salvo dalla Alan Kurdi della Ong tedesca Sea Eye, che mercoledì scorso è giunta a Messina, al molo Norimberga, con a bordo 61 persone che erano state soccorse nei giorni precedenti in acque internazionali, dopo essere stati intercettati su imbarcazioni carenti di dotazioni di sicurezza, tanto da rendere necessario un immediato intervento a tutela della loro vita.
I tre arrestati hanno un’età compresa tra 21 e i 25 anni, originari rispettivamente del Sudan, Somalia e Senegal.
Ad attenderli, sulla banchina, c’erano, tra gli altri, anche gli investigatori della Squadra mobile della questura di Messina e del Gico della guardia di finanza che hanno avviato le indagini proprio per l’individuazione dei presunti scafisti.
Le versioni di chi è stato ascoltato come testimone sono risultate attendibili e hanno consentito di ricostruire quanto avvenuto prima della partenza. In alcuni casi, i migranti, dopo aver pagato una somma di denaro nel paese di origine, sono stati trasportati in Libia dove hanno trascorso alcuni giorni in un campo di detenzione in attesa di intraprendere il viaggio verso l’Europa. In altri casi, invece, hanno subito torture e maltrattamenti. Solo dopo un periodo di prigionia e, in alcuni casi, di lavoro non retribuito, sono riusciti a partire.
L’attività investigativa, seguita alle consuete operazioni di sbarco, è stata supportata da immagini video estrapolate da alcuni cellulari in possesso dei migranti e coordinata dalla Procura della Repubblica di Messina, ha permesso di individuare, tra le 61 persone soccorse in acque internazionali, coloro i quali hanno provveduto fattivamente al trasferimento dei migranti a bordo di natanti di fortuna dalla costa africana.
I tre arrestati di oggi sono tutti indiziati di aver commesso atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato dei cittadini extracomunitari dietro corresponsione di somme di denaro dall’importo variabile, con le aggravanti di aver commesso i fatti in relazione a più di cinque persone, esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità fisica, sottoponendole a trattamento inumano e degradante.
I tre presunti scafisti sono stati trasferiti presso la casa circondariale di Gazzi.
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