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L’ascesa e la caduta della donna di Gravitelli

L’ascesa e la caduta della donna di Gravitelli

Il confine tra la politica intesa come servizio alle persone, in particolare alle fasce sociali più umili e indifese, e il più becero clientelismo utilizzato a fini personali e di clan, tale da sfociare in alcuni casi anche in presunta associazione a delinquere, spesso è molto labile. Emilia Barrile, e certamente non solo lei, su quel confine si muove da anni, anzi forse da tutta la vita. Lei, la donna che si è fatta da sè, cresciuta in un rione difficile (Gravitelli), circondata da amicizie “pericolose”, si è sempre autodefinita «popolana, cioè figlia del popolo». Fatta la trafila, da consigliera di quartiere a portatrice di voti per il suo leader di riferimento, Francantonio Genovese, al ruolo sempre più ambizioso, culminato con la presidenza del Consiglio comunale e la successiva rottura con Genovese e i suoi, al punto da candidarsi da sola a sindaco, a capo di una lista civica (“Leali-Progettto per Messina), portando con sè un consistente pacchetto di preferenze (oltre 5mila), pur non riuscendo a farsi rieleggere a Palazzo Zanca.

C’è un’intercettazione che forse più di tutte segna la sua parabola ascendente (ma sempre sul filo di un precario equilibrio) sul piano politico. BARRILE: «....Io mi rendo conto che sono un personaggio un po’ importante a Messina, e questa cosa un po’ mi sorprende... che vado negli uffici e le cose me le fanno, che la gente si vuole mettere all’attenzione, è come se mi... no che mi temono... però che si vogliono riacquistare la mia... eh, sì... gli do questa sensazione... che la gente... o perché non sanno quello che io posso diventare diciamo e quindi cercano...». E il suo interlocutore, colui che dagli atti dell’inchiesta appare come il vero “stratega” e “consigliere” di Emilia, le risponde al telefono. ARDIZZONE: «No, sanno quello che puoi diventare e quindi dicono, per non sbagliare intanto... nna lisciamu... se no poi, questa qua un domani riesce, noi la trattiamo male e poi quando lei ha il potere vero, ci fa fare nel culo...». E ancora lei, la presidente: «...gente che prima non mi cacava proprio... gente che lavora al Comune... mi snobbavano... e ora invece... mi temono un pochino, va... e la cosa un poco mi sorprende».

Non si condanna nessuno, sia chiaro, se non dopo il primo, secondo e terzo grado di giudizio. Ma quello che emerge dalle carte, in questo intreccio di cooperative, di prestanome, di interferenze su una miriade di atti amministrativi, è un quadro eclatante di pressioni e di favori, di “interessamenti”, non però al servizio dei più deboli, ma dei propri sodali e di familiari, parenti e amici. Gli inquirenti parlano di «sistematica strumentalizzazione a fini personali del peso politico che derivava alla Barrile dall’importante carica ricoperta». Vedremo se l’impianto accusatorio è destinato o meno a reggere nelle prossime settimane.

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