«Siamo al Governo e riempiamo ancora le piazze». Esordisce così Luigi Di Maio, di fronte ad una piazza Cairoli piena già mezz’ora prima del suo arrivo, nella sua prima uscita pubblica da vicepremier e ministro. E in quella frase, «siamo al governo», c’è tutta la linea politica dell’ultima settimana di campagna elettorale prima del voto del 10 giugno. È dentro tutti gli interventi dei deputati, nelle parole del candidato sindaco Gaetano Sciacca. Ed è la linea dettata dal leader del Movimento 5 Stelle nel suo lungo intervento, spesso interrotto dagli applausi: «Votare un sindaco 5Stelle significa avere dopo tanti anni un sindaco che ha dalla sua parte il governo centrale». È la carta pentastellata del rush finale, con l’obiettivo ballottaggio.
Ad aprire le danze è uno dei primi deputati messinesi, Francesco D’Uva: «Dobbiamo combattere voto per voto contro un esercito di candidati. La città è di fronte a un bivio, tra persone che dicono cose serie e altre che dicono cose strampalate e hanno curriculum giudiziari “interessanti”». Angela Raffa, neo parlamentare, è la prima a tirare fuori la carta, con veemenza: «Ora siamo al governo e abbiamo la possibilità di cambiare tutto. Non possiamo più accettare che ci siano ancora persone che abbassano la testa con i Genovese di turno». Antonio De Luca, deputato regionale, è entusiasta: «Stiamo scrivendo una pagina di storia. Una lista sola? Non vogliamo essere ricattati da nessuno. Gli altri hanno dietro Genovese, Germanà, Picciolo, D’Alia: ma chi è che ha lasciato il Comune in condizioni pietose?». Poi riecco la parola magica, “governo”, ed è la senatrice Grazia D’Angelo a pronunciarla: «Ce l’abbiamo fatta, siamo al Governo, è una cosa importantissima anche per la città». Sul palco anche gli “stranieri”, il barcellonese Alessio Villarosa («ripenso ancora ai primi banchetti di otto anni fa, quando ero solo, e nessuno mi capiva») e Giovanni Currò, che in realtà è nato a Messina ma è stato eletto a Roma.
Tocca poi alla capogruppo pentastellata all’Ars, Valentina Zafarana, lanciare i due interventi più attesi, quelli di Sciacca e Di Maio: «Scegliamo il medico, scegliamo la scuola per i nostri figli, scegliamo i nostri amici, e allo stesso modo il 10 giugno per Messina scegliamo il meglio il meglio. Il 4 marzo abbiamo già scelto il governo del cambiamento, facciamo che Messina diventi la terza città metropolitana a 5 stelle».
Sciacca tradisce l’emozione quando conquista il microfono: «Come vi sentite la mattina quando vi svegliate? Cosa pensate quando andate a lavoro, quando vedete la città com’è ridotta? E quando pensate ai vostri figli? Per poi pensare che quella politica che ha costretto i nostri figli ad andare fuori si ripresenta? È venuto il momento di dire basta. Abbiamo fatto un programma puntando sulla fattibilità, sulla concretezza. La messa in sicurezza del territorio, le piccole opere invece di opere di distrazione di massa. Un’edilizia sostenibile, perché il paesaggio di questa città è unico al mondo e va messo a reddito». E in coda, la famosa carta: «Abbiamo tre grandi criticità: ambientale, infrastrutturale e occupazionale. Qui ci giochiamo tutto. E all’Ambiente, alle Infrastrutture e al Lavoro abbiamo tre ministri del M5S. Guai a perdere questa grande opportunità!».
Luigi Di Maio gli applausi se li guadagna subito con «due buone notizie: non ci sono condannati né inquisiti al governo per la prima volta dal 1994. E mentre si lavorava a formare il governo, alla Camera dopo 30 anni si predisponeva un provvedimento che porterà finalmente al taglio dei vitalizi agli ex parlamentari. Ma adesso c’è tanto da fare, non accontentiamoci». Quindi racconta di una promessa «che ho fatto a imprenditore del nord che aveva fatto lavori in provincia di Ragusa. Lo Stato non lo ha pagato e lo ha costretto a fallire. Dopo anni gli è stata pignorata pure la casa. Gli avevo promesso: se andiamo al governo, vieni con noi a scrivere una legge. E da ieri è un consulente del ministero». Ovazione. Di Maio snocciola tutti i temi caldi della politica nazionale: reddito di cittadinanza, riforma fiscale, cancellazione della legge Fornero, il contratto con la Lega, mai nominata («l’altra forza politica», la chiama).
«Oggi – conclude Di Maio – potete completare l’opera. Non ci siamo riusciti alle regionali, anche se l’onda è partita da lì. Come sempre le grandi rivoluzioni partono dalla Sicilia. Arriviamo al ballottaggio e prendiamoci la città per restituirvi le chiavi dopo tanti anni». In coda c’è l’appello contro il “non voto”: «Non so come andranno le comunali, però vi posso dire che la differenza la fa sempre l’astensione. Chi non va a votare consegna la città a quegli altri. Chi non va a votare favorisce chi ha massacrato questa città».
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