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De Luca libero attacca i Pm

De Luca libero attacca i Pm

Niente più arresti domiciliari nella sua casa di Fiumedinisi per l’on. Cateno De Luca, che da ieri mattina è tornato libero perché «... il quadro indiziario pur non risultando del tutto caducato nella sua complessiva gravità e consistenza... appare meno schiacciante e più sfumato».

A tredici giorni dal suo clamoroso arresto per evasione fiscale della “galassia Fenapi”, il 7 novembre scorso, appena due giorni dopo essere stato eletto all’Ars, il parlamentare regionale è tornato in libertà su decisione del gip Carmine De Rose, che ieri mattina ha depositato su questa vicenda un lungo provvedimento di tredici pagine per spiegare i motivi delle sue decisione.

Il gip ha sostituito i domiciliari con una misura meno afflittiva, il “divieto di esercizio di uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese”, ovvero una misura interdittiva.

Identica sorte giudiziaria il gip ha deciso per l’altro indagato dell’inchiesta che era finito ai domiciliari il 7 novembre scorso come presidente della Fenapi nazionale ed ex sindaco di Alì, Carmelo Satta, che nel frattempo si è dimesso dalla carica. Anche per lui quindi, fine dei domiciliari e misura interdittiva.

Un altro aspetto importante del provvedimento è legato al cosiddetto “sequestro per equivalente” disposto contestualmente all’arresto dei due, per oltre un milione e 700 mila euro, la somma cioé che si presume sia stata evasa al fisco dalla “galassia Fenapi”.

Il gip De Rose ha accolto le richieste dei legali di De Luca e Satta, formulate in sede di interrogatorio di garanzia, ed ha in pratica “spostato” il sequestro, indirizzandolo non più sui beni personali e sui conti correnti dei due indagati e sui beni economici del “Caf Fenapi srl”, come era stato deciso in un primo momento, ma sugli strumenti finanziari in attivo e soprattutto sul patrimonio immobiliare dello stesso “Caf Fenapi srl”, «... già stimato per un valore di oltre due milioni di euro...».

Nelle sue tredici pagine il gip De Rose passa in rassegna tutta la vicenda, a cominciare dalle ipotesi d’accusa formulate dal sostituto procuratore Antonio Carchietti, e le struttura in cinque punti: l’illecito risparmio d’imposta; l’associazione a delinquere; le tre società di servizi come “complici” dell’evasione fiscale (Dioniso srl, Sviluppo Sociale srl, Delnisi srl); l’emissione “a supporto” dell’evasione di fatture per operazioni inesistenti; il presunto “ostacolo” alle indagini con atti «... inconferenti e avulsi».

Rispetto all’associazione a delinquere ipotizzata, premettendo che De Luca è innegabile che «... abbia sempre rappresentato il referente apicale...», spiega poi che a suo avviso «... l’apporto degli ipotizzati singoli associati ai reti-fine perseguiti ed ancor prima alle dinamiche illecite associative, deve considerarsi blando e sfumato... ai limiti del concorso»; in relazione poi alla «attualità del vincolo associativo» afferma che «... è ad oggi poco apprezzabile».

Il “nocciolo” del provvedimento è legato poi ai reati fiscali contestati. Il gip scrive infatti che «... anche in termini di esiti di vaglio tecnico ad opera di terzi Organi Giudiziari Tributari... ci si trova di fronte ad un compendio indiziario che si reputa non del tutto granitico, dirimente ed indiscutibile».

Il riferimento è alla produzione difensiva «... segnatamente da parte della difesa del Satta», sul ricorso che pende alla Commissione tributaria su questi fatti, organo che ha emesso «... un provvedimento di sospensione dell’esecutività degli avvisi di accertamento».

Un fatto che «... è indubbio» produca un effetto «... se non altro, riconducibile ad una plausibilità di fondatezza del ricorso».

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