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A Palazzo Zanca scoppia il “caso Principato”

A Palazzo Zanca scoppia il “caso Principato”

A Palazzo Zanca lo chiamano ormai il “caso Principato”. Il riferimento è all’architetto Nino Principato, uno dei più noti e appassionati studiosi messinesi di storia patria, il quale è anche funzionario comunale. Abile nel destreggiarsi tra i social, Principato, nell’esprimere le proprie opinioni, non ha lesinato critiche all’amministrazione Accorinti che via via si sono fatte sempre più dure, dalla vicenda del Dalai Lama ai mancati impegni finanziari per rendere ancor più bella la processione della Vara e con essa il Ferragosto messinese. C’è chi, negli ambienti accorintiani e forse anche all’interno della Giunta, medita addirittura qualche provvedimento punitivo nei confronti di Principato, visto che ai dirigenti e ai funzionari comunali le regole non consentirebbero di esprimere opinioni lesive nei confronti dell’amministrazione.

L’ultima polemica nasce sempre da un post su Facebook. L’architetto la definisce «l’ultima chicca dell’amministrazione comunale: l’intestazione di vie alle “Madre costituenti”». Il riferimento è alla proposta di intitolare 21 strade di Ganzirri, tutte quelle senza nome, a donne come Nilde Jotti e Laura Bianchini, Livia Merlin e Maria Maddalena Rossi e alle altre che furone elette nel Parlamento che contribuì a scrivere la Carta Costituzionale. «Mi domando – scrive Nino Principato – perché queste intestazioni per personaggi che non c’entrano niente con Messina? C’è una miriade di donne messinesi che hanno dato lustro alla città, perché non onorarle per come meritano? E invece dobbiamo intestare 21 vie alle “madri costituenti”, due delle quali non hanno ancora raggiunto i requisiti di legge dei 10 anni dalla morte. Per Mino Licordari, al quale si voleva intestare non una via ma la sala stampa dello stadio “Franco Scoglio”, l’amministrazione Accoriunti ha risposto che dovevano trascorrere dieci anni dalla morte. Posso scrivere – conclude Principato – che è una cosa scorretta o siccome sono un dipendente comunale devo stare in religioso silenzio?».

E ieri è arrivata, sull’argomento, la presa di posizione del gruppo Pari opportunità del movimento Cambiamo Messina dal basso: «Non è nostra usanza rispondere a tono ma per amore di verità, vista l'infondatezza di quanto esposto, crediamo sia nostro dovere farlo. Il nostro obiettivo riguardo alla toponomastica è stato da subito colmare e riequilibrare l’assenza di intitolazioni alle donne che a Messina, come in altre città, non è dovuta alla mancanza di figure di riferimento, ma alla cancellazione della loro presenza, nella storia, nella cultura, nella scienza, nella politica. Il gap di intitolazioni di strade e vie destinate a donne nel 2015 a Messina era di solo 80 toponomi di donne, come riportato nella delibera di giunta “Mille nomi per mille vie” dell'ex Assessore Tonino Perna. Ha perfettamente ragione, architetto Principato, dare lustro alle 21 donne presenti su 556 deputati nell'assemblea costituente che ha dato vita alla Costituzione e alla Repubblica italiana non ha nulla a che fare con Messina. La Costituzione vale ovunque ma Messina è chiaramente un mondo a sé. La necessità di valorizzare le eccellenze messinesi, emersa dal suo post, ci trova certamente concordi, ma il tipo di ragionamento chiuso che lei pone dovrebbe essere seguito dall'eliminazione delle intitolazioni a Garibaldi, alla regina Elena, a Vittorio Emanuele, a Cavour. Loro che cosa c'entrano con Messina? Qual è il margine fra un'intitolazione valida o meno? Le ricordiamo, qualora non avesse potuto leggere la delibera, che la VI Circoscrizione e la Commissione toponomastica hanno approvato il progetto. Quindi perché questo attacco privo di fondamento? Perché non si è mai indignato con tutte le amministrazioni, ma proprio tutte, che hanno lasciato interi quartieri senza anima con vie indicate da numeri e/o lettere?».(l.d.)

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