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È la tua Vara,
buon viaggio Messina

Un veliero che cavalca le onde. Il capociurma e la sua gente. Timonieri e vogatori. Tra i mille significati o rappresentazioni che si fanno della Vara, il senso del “viaggio per mare” è quello che più ci affascina. Spettacolare, tremendo, entusiasmante, è il moto ondoso che porta quella “machina”-nave e che la fa sussultare ad ogni “strappo”, ad ogni “scasata”, fino alla “girata”, che è come superare la “tempesta perfetta” e approdare nel dolce e sicuro porto di piazza Duomo.

E tutto dà l’idea di questa sfida quasi hemingwayana. I colori, il bianco delle vele e l’azzurro del mare che si riflettono nelle divise, gli odori che il vento trascina dai moli portuali, la tempesta e la bonaccia che sono l’alternarsi degli stati d’animo di chi tira e di chi assiste. Poi, chi ha fede ci mette del suo, il senso sacro dell’essere pellegrini, di terra e di mare, affidati alla Madonna del Buon Viaggio (che dà il nome a un’altra tra le più antiche e amate feste popolari messinesi, quella del Ringo di fine agosto), che è poi la stessa Madonna Assunta ed è la stessa Madonna della Lettera che protegge la città con la sua mano benedicente.

Provate a viverla così la Vara di quest’anno. Un tuffo straordinario in un mare fatto di mani arrossate, quasi sanguinanti, di braccia tese in uno sforzo che sembra a volte immane, di urla, di espressioni sguaiate, di preghiere sussurrate, di sguardi fieri, di lampi crudeli e occhi bagnati di lacrime, di sudore, di solchi nel viso come quelli del Pescatore di Fabrizio De Andrè, di domande che restano sospese e alle quali oggi non si può dare risposta. Un mare inquieto, sorridente, agitato, trasparente e torbido, dove c’è tutta una città. E una città non è solo luogo di spiriti eletti e di bella gente. La città è un coacervo di bellezze che stordiscono e di bruttezze inenarrabili. È un miscuglio di uomini onesti e di furfanti, mascalzoni, delinquenti. La città è un filo sottile dove si cammina in precario equilibrio sopra la follia (altra citazione, stavolta è Sally di Vasco Rossi) e dove anche chi crede di avere la verità in tasca, può cadere nel burrone, in qualsiasi momento.

Guardie e ladri, l’uno accanto all’altro, a tirare, a portare acqua ai tiratori, a maledire e benedire, bestemmiare e pregare. Poi, domani, si spera che le guardie facciano le guardie e che diano la caccia ai ladri, perché non c’è nessun “volemose bene” in questa rappresentazione, in questo rito collettivo. Chi ha sbagliato e continua a sbagliare, deve pagare. Chi impone il pizzo, chi taglieggia, chi minaccia, chi obbedisce agli ordini del boss locale, chi impone nel quartiere la legge del clan, può tirare la Vara anche cent’anni consecutivi, ma deve dare conto prima alla giustizia terrena, alle sue vittime, ai taglieggiati, ai minacciati, a chi fugge da questa città per non subire pressioni e condizionamenti.

Si va per mare, dunque. Oggi come ieri. Ognuno con il proprio diario di bordo. E questo, che è l’Evento per Messina, diventa momento di riflessione collettiva, una sorta di data spartiacque che si ripropone ogni anno, per darci la possibilità di vedere dove, come, quando, cambiare la rotta. Perché questa città deve cambiare rotta, su questo tutti, più o meno, siamo d’accordo. Perché negli altri 364 giorni Messina è come fosse una zattera sballottata tra le onde, destinata a sfracellarsi sugli scogli. Siamo frustrati, delusi, frastornati, incattiviti, incarogniti. Un popolo che ha smarrito la felicità, se mai dovesse esistere questa parola.

Affidarsi magicamente a questo rito collettivo non risolverà nulla, se poi non si agirà di conseguenza, individualmente e collettivamente. Ma di questo, se ne riparlerà. Oggi bisogna solo tuffarsi, andar per mare, mescolarsi, sostenersi a vicenda ed arrivare tutti insieme alla meta. È la tua Vara, buon viaggio Messina.

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