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Guida una Smart armato di pistola

Guida una Smart armato di pistola

Si sentiva minacciato e girava armato. Temeva per la propria incolumità e per quella dei familiari, dopo l’agguato dello scorso mese di gennaio, quando insieme al padre fu ferito gravemente a Giostra. Le sue giustificazioni, però, non hanno retto di fronte al giudice, che al termine dell’udienza di convalida dell’arresto eseguito dalla Squadra mobile ha convalidato la misura e disposto la custodia cautelare in carcere.

Nuove rogne per Paolo Arrigo, messinese di 27 anni. Giovedì, è stato fermato dagli agenti della Mobile, mentre era alla guida di una Smart, in compagnia della moglie e di un figlio minore. Sottoposto a controllo, i poliziotti hanno accertato che nella cintola nascondeva una pistola Beretta calibro 9 x 21, completa di caricatore, efficiente e funzionante, con colpo inserito in canna. L’arma, peraltro, risultava priva dei contrassegni identificativi. Poiché aveva la matricola abrasa, si trattava quindi di una pistola clandestina.

«L’ho comprata a Mangialupi, per difendermi», ha raccontato dopo l’arresto. Il ventisettenne, che ieri mattina è comparso davanti al giudice Maria Vermiglio per l’udienza di convalida, accompagnato dai suoi difensori, gli avvocati Salvatore Silvestro e Antonello Scordo, giovedì si stava recando assieme ai due familiari in ospedale, per fare visita al padre Gaetano, anch’egli bersaglio della sparatoria a Giostra. In particolare, gli uomini della Squadra mobile della Questura, coordinati dal dirigente Francesco Oliveri, nel corso di un servizio di perlustrazione del territorio, giunti all’altezza del viale Giostra, all’incrocio con il viale Regina Margherita, hanno invitato l’automobilista ad accostare. Arrigo teneva nella cintura dei pantaloni la pistola Beretta, con dodici proiettili di cui uno in canna. L’arma è stata sottoposta a sequestro (insieme a una busta di cellophane trasparente con all’interno un derivato della canapa indiana, per un peso di 518,80 grammi, rinvenuta nel cortile di pertinenza dell’abitazione dell’uomo, in seguito a successiva perquisizione). La Squadra mobile ha arrestato Arrigo per i reati di detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune da sparo, nonché per la detenzione della pistola clandestina. Nei suoi confronti è pure scattata una denuncia a piede libero per la detenzione della sostanza stupefacente.

Durante l’udienza di convalida, l’indagato ha ammesso gli addebiti, ma ha provato a chiarire i motivi alla base del possesso di quell’arma clandestina. Avvertendo un pericolo tanto imminente quanto serio, ha riferito che voleva difendere se stesso e i suoi congiunti. E poco dopo ha ricordato di essere stato vittima, insieme al padre, a gennaio, di un attentato mentre vendevano frutta e verdura a bordo strada e nel quale avevano riportato lesioni provocate da alcuni colpi di fucile. Ha aggiunto che in precedenza anche il fratello era finito nel mirino e che moglie e figli erano stati destinatari di gesti intimidatori.

Arrigo si era procurato la Beretta nella zona di Mangialupi, per protezione personale. Ma di fronte alla richiesta del riconoscimento della legittima difesa e di una misura meno afflittiva rispetto a quella di massimo rigore sollecitata dall’accusa, il giudice ha applicato la custodia in carcere. Il gip non ha ravvisato l’imminente pericolo per l’incolumità di Arrigo, al contrario ha ritenuto di non potere trascurare il fatto che il ventisettenne girasse armato in pieno giorno, nonostante fosse insieme a moglie e figlio minore, esponendo gli stessi a rischi. Infatti, Anche l’esplosione involontaria del colpo in canna dell’arma avrebbe potuto compromettere l’incolumità dei familiari dell’indagato. Il giudice, poi, ha individuato nel possesso della Beretta la dimostrazione dell’inserimento di Arrigo «in circuiti criminali di un certo spessore» e della ricerca «di una vendetta privata» ai danni degli autori dell’attentato di gennaio, anteponendo così «la giustizia privata» alla «protezione dello Stato».

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