Una sconfitta per tutti, per i lavoratori, per studenti e per l’amministrazione. Quella delle mense scolastiche è una storia emblematica del pericolo degli effetti annuncio. Come quello con foto di famiglia che annunciava l’approvazione in Giunta del bilancio di previsione del 2017. “Siamo il primo comune in Italia ad averlo adottato” hanno commentato Accorinti e i suoi assessori, ma oggi quella ventina di pagine è poco meno che carta straccia.
Uno spot andato male perché Messina, ancora una volta non solo non sarò il primo comune ad avere un previsionale ma sarà anche in ritardo sulla scadenza di legge. Il documento contabile andava approvato dal consiglio comunale entro il 31 marzo, e a otto giorni dalla scadenza quel bilancio, non è nemmeno stato spedito ai Revisori dei conti. Il collegio ha 30 giorni di tempo per fare le sue considerazioni ed il consiglio comunale almeno un altro mese per votarlo. Insomma, siamo alle solite. Messina è in ritardo, altro che il primo comune d’Italia. E a farne le spese, sono servizi che sulla carta non sono indispensabili ma che in un contesto socio economico come il nostro, lo diventano. Dal primo aprile Messina entrerà in esercizio provvisorio e non potrà che far partire i servizi urgenti ed indifferibili. Fra questi per esempio non c’è la mensa, e non ci sono gli asili nido. Ed ecco che torniamo alla sconfitta maturata ieri sera dopo la riunione fra i neo assessori Cuzzola e Alagna ed i sindacati. Senza bilancio non può partire il bando e 80 lavoratori e 2500 famiglie di alunni, si dovranno arrangiare. D’accordo ci sarà la clausola sociale che preserverà le maestranze nel prossimo bando triennale, ma le esigenze, le necessità delle famiglie, quelle chi le preserverà? Non sono bastati quasi tre mesi da quel selfie per recuperare un bilancio credibile e non uno che non teneva conto del mancato allineamento con il Piano di Riequilibrio o dei risparmi per evitare il fallimento di Messinambiente. Uno di quei tre mesi è passato per scegliere il nuovo assessore dopo l’addio a Eller che quel bilancio fantasma aveva redatto. E poi le tensioni per la sfiducia, i tempi per il monitoraggio con tutti i dirigenti, le note de i revisori che ricordavano le scadenze. Questo e molto altro è successo in questi 90 giorni, tutto tranne che l’avvio delle mense scolastiche. E quello sì sarebbe stato un spot che avremmo tutti voluti sentire.
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