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Un medico messinese tra i poveri

Un medico messinese tra i poveri

La prima volta che il messinese Massimo Florio, pediatra infettivologo, è andato in una “aldeas”, piccoli villaggi sperduti nella foresta del Guatemala, ha portato con sé le bolle di sapone. «I bambini, qui da noi, ridono e giocano con le bolle di sapone – afferma – e pensavo che questa “regola” fosse uguale per tutti e in ogni luogo. Invece, no. I bambini delle aldeas non ridono e non giocano. Ricordo come fosse ieri quando andai in quella di Santa Sofia: mi guardavano scioccati, quasi chiedendosi se io fossi un vero medico o un giullare di corte». Perché la vita nelle “aldeas” è tutta un’altra storia. In queste piccole comunità rurali che insistono nella foresta del territorio guatemalteco, non c’è acqua, né luce. E si muore per un banale raffreddore o per una spina.

«Il vero problema della sanità in questi luoghi – prosegue Florio, che alle spalle ha diversi anni di volontariato in Guatemala e in Africa– è l’impossibilità di raggiungere un medico. Le emergenze sono le aldeas: fuori dalle città, c’è la giungla. E lì non vuole andarci nessuno. Va soltanto un infermiere, due volte al mese, per misurare e pesare i bambini in una baracca fatta di lamiera».

Da quando il pediatra messinese è entrato in contatto con questa realtà, non può più fare a meno di andarci. Torna in Guatemala due volte l’anno. E quando parte, tramite l’associazione “Rekko”, va sempre nelle “sue” aldeas. «Sanno che preferisco andare lì – spiega – piuttosto che nelle scuole. Perché nelle aldeas fai davvero il medico. A febbraio, ho visitato 454 bambini. Qualcuno malnutrito, ma la malnutrizione è legata a un costume e non a una carenza alimentare. In questi villaggi, infatti, si mangiano sempre tortillas di mais, impastate continuamente dalle donne. Ognuno fa un sacco di caffè all’anno e aspetta di andare in città per venderlo. E per guadagnare venti euro. Eppure, la loro è una povertà orgogliosa».

Ogni mattina, il dottor Florio parte alle 6 per raggiungere questi piccoli villaggi, per poi tornare nel tardo pomeriggio ad Antigua, dove l’associazione ha la base operativa. «Le aldeas sono sconvolgenti – aggiunge – e meritano di essere aiutate. Il dramma è quando non si può fare niente. Lì si muore perché non ci sono medici e non ci sono strade per trasportare i malati. L’aspettativa di vita è inferiore ai sessant’anni. E, paradossalmente, nonostante tanta povertà, le medicine costano come in Italia e gli ospedali sono quasi tutti privati». Quest’anno, assieme al pediatra messinese, è partita anche sua moglie, Maria Teresa Bonina: «È un’esperienza forte. Ci si trova di fronte a una povertà inaccettabile. Ma si riceve sempre più di quel che si dà».

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L’opera di Rekko

L’associazione Rekko Guatemala opera quotidianamente con le comunità rurali e rubane, offrendo attenzione medica di alta qualità grazie all’impegno di volontari come il messinese Massimo Florio, pediatra infettivologo. L’obiettivo è di risolvere uno dei problemi principali in Guatemala: la mancanza di accesso ai servizi medici ai soggetti più svantaggiati, in particolare donne e bambini. Il fondatore di “Rekko” è Gian Carlo Noris.

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