Game over. Sul ponte sventoli bandiera bianca. Piuttosto che l’accanimento terapeutico, meglio staccare la spina. Nelle vicende della politica, a volte, l’eutanasia è molto più utile di uno stato permanente d’agonia.
Sì, è vero, i sognatori cambiano il mondo. Poi, però, si svegliano e scoprono che è un incubo. La rivoluzione tibetana di Palazzo Zanca si spegne, uccisa dalla burocrazia. Per colpe proprie e responsabilità altrui, rischia di finire nel modo peggiore quella che nel 2013 apparve, ai molti elettori che la votarono, come la migliore risposta possibile alla crisi d’identità della città, al malaffare e alla malapolitica. Accorinti, la sua giunta, l’idea di un cambiamento dal basso, la generosità, la passione e l’entusiasmo di tanti, hanno rappresentato un punto di svolta e ciò rimarrà impresso nei diari di bordo. Ma se si è arrivati a quasi tre anni del percorso e quello che si sta per materializzare è un incubo senza precedenti, vuol dire che la “rivoluzione” è fallita, che l’Everest non può essere scalato a mani nude.
Tremila dipendenti senza stipendio, servizi bloccati o in tilt, proteste e scioperi: questo è lo scenario imminente che ci attende. E se è vero che fin dall’inizio qualcuno, ai più alti livelli della dirigenza comunale, ha probabilmente messo i bastoni tra le ruote e agito perché ciò accadesse (sono i partiti messi fuori gioco il “Grande Vecchio”?), è anche vero che rimane imperdonabile il fatto di essere giunti alla fine del mese di aprile senza avere approvato gli strumenti finanziari previsti per legge. Mentre tutti i Comuni d’Italia entro il 30 aprile inoltreranno al Ministero le copie del bilancio di previsione del 2016, e otterranno i finanziamenti statali, il nostro non è in grado di presentarsi neppure con il Previsionale del 2015. Non era mai accaduto finora. Che ci siano state evidenti responsabilità, lo ha ammesso lo stesso Accorinti con le sue mosse più recenti (disperate?). Ma allora si sarebbe dovuto agire molto prima, soprattutto con molta più forza nei confronti della dirigenza, del segretario-direttore, del ragioniere generale.
Che il Collegio dei revisori dei conti abbia svolto un ruolo non solo tecnico, ma anche politico, in molti lo sospettano. Che ci siano leader di forze rappresentate in consiglio che godano delle drammatiche disavventure dell’attuale giunta, è più che un sospetto, è una certezza. Ma è proprio per questo che bisogna mettere un punto fermo. La parola “the end” a un film diventato inguardabile. Se non si è in grado di trovare, subito, oggi non domani, una soluzione, allora tutti a casa. Ma tutti davvero.
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