A rendere l’idea della dimensione del caso dei “furbetti del catasto” sono i numeri messi nero su bianco in diverse relazioni scritte dal dipartimento Politiche del territorio del Comune. Si parla di 56 mila unità immobiliari classificate come abitazioni di tipo civile, 45 mila come abitazioni di tipo popolare (dato che gli stessi uffici definiscono «sovradimensionato»), a fronte di appena 12 mila unità immobiliari di tipo economico. E poi 3.300 unità classificate come abitazioni facenti parte di fabbricati di basso livello, privi di impianti e servizi igienici, le ultrapopolari, insomma. Una categoria che, spiegano sempre gli uffici comunali, è «ormai in disuso, presente solo su vecchi classamenti del catasto». Inoltre 4 mila sono classificate come a servizio delle attività agricole, 1.070 come “collabenti”, cioè «costruzioni inidonee ad utilizzazioni produttive di reddito, a causa dell’accentuato livello di degrado».
L’azione del Comune contro chi, evidentemente, ha approfittato del mancato aggiornamento catastale per pagare meno o nulla di tasse, è mirata non solo a recuperare quanto più possibile dall’evasione fiscale, ma anche a rendere giustizia a chi, magari a differenza del vicino di casa, si è messo in regola dichiarando la nuova catastazione del proprio appartamento e pagando, quindi, il doppio se non di più rispetto al proprio dirimpettaio che, piuttosto, si è guardato bene dal comunicare al Catasto che la propria abitazione non è più popolare.
Ingiustizia che emerge anche da quanto ci scrive il legale di alcuni proprietari di unità immobiliari cerchiate in fucsia – perché definite popolari – nelle mappe da noi pubblicate. Mappe che, viste così, «fanno intendere che tutte le aree evidenziate in fucsia o in verde gioverebbero di una categoria catastale rispettivamente come popolari o ultrapopolari. È possibile – spiega invece l’avv. Gianpiero Molica – che in dette aree ricadano alcune singole unità immobiliari con categoria catastale popolare o ultrapopolare (le cui caratteristiche andrebbero comunque esaminate caso per caso), ma questo non vuol dire che interi edifici o isolati presentino la stessa problematica». Un giusta osservazione, che di fatto conferma l’ingiustizia di fondo del caso dei “furbetti”: se c’è chi, ad esempio, ha un appartamento a piazza Duomo e paga l’Imu alle stelle e magari alla porta accanto c’è chi invece non ne paga perché non ha mai aggiornato la propria rendita catastale, è ovvio che c’è qualcosa che non va. E che intervenire diventa un obbligo sacrosanto.
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