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Messina, indagati ventinove consiglieri comunali

consiglio comunale messina

Ventinove indagati iniziali complessivi. Dodici che hanno adesso l’obbligo di firma a Palazzo Zanca davanti ai vigili urbani, ogni volta che entrano, o escono, per presenziare in Commissione. Sei che probabilmente vanno verso l’archiviazione della loro posizione. Infine 23 che hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, e in questi 23 sono ricompresi i 12 per i quali il gip Maria Militello ha deciso l’obbligo di firma.

Insomma non è facile raccapezzarsi nella nuova bufera giudiziaria che ieri mattina è piombata sul consiglio comunale per la “Gettonopoli” peloritana, in fondo una serie di “sveltine” della politica, nel senso che i consiglieri indagati ci stavano pochissimi secondi, tutti cronometrati dalla Digos in mesi d’indagine con tanto di telecamere piazzate ovunque e in silenzio, per firmare il foglio di presenza delle commissioni. E poi andavano via. Però intascavano ugualmente il relativo gettone di presenza, 56 euro a “botta”. Un danno erariale calcolato complessivamente in circa 37mila euro (ci sarà poi anche il profilo della responsabilità contabile, che è diverso da quello penale).

Si tratta di oltre un anno d’indagine della Digos e di un lavoro specifico molto dettagliato - basta guardare ogni singola scheda personale dei politici -, su ogni consigliere comunale da parte degli investigatori e del pm Diego Capece Minutolo, con la contestazione adesso, a vario titolo, di una terna di reati: truffa aggravata, falso ideologico e abuso d’ufficio. Questo perché ci sono due profili fondamentali d’indagine in relazione alle tipologie di reato: da un lato c’è l’attività di firma “rapida” durante le commissioni di ogni singolo consigliere, dall’altro la redazione e l’approvazione dei verbali con le presenze formali che risultavano agli atti, poi confrontate con la visione dei filmati della Digos, che hanno fornito il reale svolgimento dei fatti, in molti casi profondamente diverso dal dato emerso sui verbali.

I 23 indagati

E andiamo ai nomi. Secondo l’atto di chiusura delle indagini preliminari ci sono ventitré consiglieri comunali indagati per “Gettonopoli”. Che sono: Carlo Abbate, Pietro Adamo, Pio Amadeo, Angelo Burrascano, Carlo Cantali, Antonino Carreri, Andrea Consolo, Giovanna Crifò, Salvatore Nicola Crisafi, Nicola Cucinotta, Carmela David, Paolo David, Libero Gioveni, Pietro Iannello, Rita La Paglia, Maria Perrone, Nora Scuderi, Donatella Sindoni, Santi Sorrenti, Fabrizio Sottile, Giuseppe Trischitta, Benedetto Vaccarino e Santi Daniele Zuccarello.

I 12 obblighi di firma

Tra questi ventitré, per i quali si apre ora la fase processuale dedicata alle difese, sono ricompresi anche i 12 per i quali il gip Maria Militello - che ha siglato l’ordinanza di custodia cautelare richiesta dall’aggiunto Vincenzo Barbaro e dal sostituto Diego Capece Minutolo -, ha disposto l’obbligo di firma, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e il «particolare allarme sociale», in relazione alle condotte contestate. Si tratta di: Carlo Abbate, Pietro Adamo, Pio Amadeo, Angelo Burrascano, Giovanna Crifò, Salvatore Nicola Crisafi, Nicola Cucinotta, Carmela David, Paolo David, Fabrizio Sottile, Benedetto Vaccarino, Santi Daniele Zuccarello. Nei loro confronti il gip ha deciso «l’obbligo di presentazione al presidio di Polizia municipale nel momento immediatamente precedente ogni seduta delle commissioni consiliari cui intendano apporre la sottoscrizione nel foglio delle presenze e in quello immediatamente successivo all’uscita dall’aula in cui si tiene la commissione».

I 6 casi di “stralcio”

Ci sono però altri consiglieri comunali di cui bisogna tenere conto, ovvero i sei di cui dicevamo prima, i cui nomi compaiono nell’ordinanza di custodia cautelare, quindi allo stato formalmente rivestono ancora il ruolo di indagati, ma non sono più presenti nell’atto di chiusura delle indagini preliminari.

Si tratta di Elvira Amata, Giuseppe De Leo, Nino Interdonato, Nina Lo Presti, Francesco Pagano e Giuseppe Santalco. Perché i loro nomi sono “scomparsi” nell’atto finale? Perché tecnicamente sono stati “stralciati” dalla Procura, quindi non fanno più parte del troncone principale dell’inchiesta.

C’è un ragionamento preciso alla base di questo stralcio che i magistrati hanno compiuto, in relazione al cosiddetto elemento psicologico del reato, semplificando la consapevolezza e la volontà di commettere un reato. I sei “stralciati”, anche se in alcune occasioni hanno firmato e poi sono andati via, sono stati presenti però molte più volte, e attivamente, in commissione, quindi hanno superato di gran lunga la soglia minima necessaria (39) per ottenere il gettone di presenza. Questo significa secondo la valutazione della Procura - sempre semplificando -, che non avevano affatto intenzione di lucrare sui gettoni di presenza. Quindi per i 6 è altamente probabile che la Procura chieda l’archiviazione. Richiesta che sarà poi valutata dal gip.

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