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Un arcivescovo pieno di carità rimasto nel cuore
dei messinesi

Se ne è andato con serenità e dolcezza, così come ha sempre vissuto, e interpretato il suo ruolo di pastore, per vent’anni, della Chiesa messinese. Monsignor Ignazio Cannavò, l’arcivescovo emerito di Messina, si è spento domenica sera all’età di 93 anni, nella Casa del Clero di Acireale in cui aveva fatto ritorno dopo l’ennesimo ricovero, in quella diocesi nella quale era stato ordinato sacerdote nel 1948. I primi funerali si terranno oggi alle 15, nel Duomo acese, officiati dal cardinale Paolo Romeo. Stasera alla 21, veglia al Duomo di Messina; domattina, alle 11, le esequie messinesi. Mons. Cannavò, figlio di un barbiere e di una casalinga, aveva voluto vivere il suo tramonto nella sua terra d’origine. Nativo di Fiumefreddo, vide sbocciare presto la sua innata vocazione e compì un percorso molto intenso, fitto di studi e di incarichi. Tra il 1976 e il 1977 iniziò la sua esperienza episcopale nella nostra provincia: prima nominato coadiutore dell’arcivescovo Francesco Fasola, poi prelato ordinario di Santa Lucia del Mela. Quindi, il 3 giugno del 1977, s’era insediato come arcivescovo di Messina ed archimandrita del Santissimo Salvatore, quale successore di Fasola. Alla fine di quell’anno, veniva eletto anche vescovo di Lipari. E si sanciva, in lui, l’unificazione nell’Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, di tre distinte giurisdizioni ecclesiastiche. Cannavò ha intrecciato profondamente – tra il 1977 e il 1997 – la sua particolare storia pastorale, intrisa di carità e umiltà, e di una vera capacità comunicativa, con alcune delle più belle pagine della storia della Chiesa e della città. Spicca su tutte, la canonizzazione a Messina, da parte di Papa Woityla, oggi San Paolo II, dell’allora venerabile Eustochia Calafato, la clarissa fondatrice del Monastero di Montevergine. La prima canonizzazione nella storia della Chiesa al di fuori delle mura vaticane. In vent’anni, al suo fianco si sono susseguiti quali vescovi ausiliari, Vittorio Mondello (attuale arcivescovo metropolita di Reggio Calabria) Francesco Sgalambro, vescovo emerito di Cefalù; Domenico Amoroso, indimenticato pastore della Chiesa di Trapani, e Francesco Micciché. I tratti distintivi del suo episcopato furono subito chiari, a partire dall’importanza e dallo slancio, davvero innovativi, che Cannavò conferì a due realtà oggi considerate vitali in qualunque diocesi: la Caritas e l’Ufficio catechistico. Attribuì la guida della prima all’allora parroco di San Clemente, e monsignore Franco Montenegro, oggi tra i più stimati cardinali della Chiesa, e la direzione del secondo all’attuale cancelliere della Curia, monsignor Pietro Aliquò. Entrambe furono scelte felici e positive, come solari erano le sue omelie dal volto umano. Pur senza i toni solenni o la passione civile di altri vescovi, Cannavò sapeva lenire con il miele della carità le ferite e i drammi. Perché il suo pensiero e le sue parole andavano sempre ai più poveri e sofferenti. Così mons. Aliquò ha scritto di Cannavò: «La carità e le opere della carità sono il volto bello della Chiesa. Lei, eccellenza, considerava la carità e la catechesi come due tra i gioielli della pastorale diocesana. I poveri erano chiodo fisso del suo ministero. E non c’è documento consegnato da lei alla Chiesa di Messina-Lipari-S. Lucia che non ne parli con insistenza». Ma la “dolcezza” non escludeva le più coraggiose prese di posizione. Se per tutti è vero che scripta manent, lo è ancor di più per quest’arcivescovo entrato come pochi nel cuore dei messinesi. Merita un posto nella libreria di ciascuno di noi, la raccolta dei Documenti pastorali di Monsigno Cannavò 1977-1997 curata dal suo segretario particolare, mons. Salvatore Alessandrà. Parole attualissime come quelle sulla “nuova evangelizzazione” (la famiglia, i giovani, i poveri), i contributi alle parrocchie, lo spirito delle feste e delle processioni e quel che dovrebbero essere i “comitati”. O l’ultimo programmna pastorale, del 1996-97, incentrato sul valore della comunicazione sociale, inclusa quella giornalistica (era anche giornalista pubblicista) e sulle sue distorsioni.

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