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Le cattive abitudini del consiglio comunale

 Uno dei concetti chiave della bufera Gettonopoli è la cosiddetta “effettiva partecipazione”. Cioè quanto previsto nel comma 2 dell’art. 47 del regolamento del consiglio comunale, l’articolo che disciplina le indennità di presenza. «Ai consiglieri comunali – si legge – è dovuto il gettone di presenza per l’effettiva partecipazione ad ogni adunanza del Consiglio». Cosa si intenda per effettiva partecipazione, dice la legge regionale da cui tutto dipende, è questione delegata ai singoli comuni. Solo che a Palazzo Zanca, a quanto pare, nessuno negli anni si è messo all’opera per specificare meglio questo concetto. Succede, così, che in assenza di una definizione esatta di “effettiva partecipazione”, basta prendere parte anche per pochi minuti ad una seduta di consiglio comunale per aggiudicarsi il famoso gettone di presenza da 56 euro lordi. Così un consigliere che arriva, registra la presenza col tesserino e va via senza aver votato nemmeno un provvedimento, ha lo stesso “peso” del consigliere che sta in aula e vota tutto o quasi. E qui non entriamo nel merito – in realtà dirimente anch’esso – della differenza tra chi propone atti e interviene e chi, invece, se va bene si limita ad ascoltare. È su questo, probabilmente, che dovrebbero riflettere quei consiglieri che oggi condannano la caccia alle streghe e rifiutano di finire tutti nello stesso calderone dell’antipolitica. I numeri – che mostriamo nella tabella accanto – dicono senza se e senza ma chi nel calderone può starci e chi no. Una questione che va oltre, chiaramente, l’aspetto giuridico, che segue la propria strada. Perché non c’è alcun reato nel decidere di non votare una delibera, anzi, in alcuni casi può essere catalogata come scelta politica. Ma se ci sono consiglieri che in un anno partecipano solo a dieci, undici votazioni su 52, un problema esiste. Esiste anche se c’è chi per 14, 16, addirittura 20 volte firma la presenza e poi non vota la delibera in discussione. Non è solo un problema di gettone: c’è chi alle sedute non partecipa affatto, collezionando meno di 20 presenze in un anno. Stupisce poi che gli stessi riescano spesso a raggiungere comunque il massimo dell’indennità mensile (il tetto di 2.184,82 euro), facendo evidentemente il pienone in commissione. Spulciando i dati della tabella, che si riferiscono alle delibere esitate dal consiglio comunale nel 2014 e che escludono la presidente Emilia Barrile (che comunque ha collezionato 51 presenze, partecipando a tutte le votazioni) perché l’unica ad avere un’indennità fissa invece dei gettoni, si riesce a dare “forma” al criterio dell’effettiva partecipazione, anche se il voto in aula non è certamente l’unico criterio. Spiccano i sempre presenti o quasi: a quota 51 c’è Nina Lo Presti, seguono con 50 presenze Lucy Fenech, Carlo Cantali e Claudio Cardile, poi Franco Mondello con 49. I dati, lo specifichiamo, sono tratti dalle delibere di consiglio comunale, sulle quali sono riportati i presenti ad inizio seduta e i “movimenti” in corso d’opera, con l’elenco di chi entra ed esce dall’aula in occasione delle varie votazioni. Il consigliere che ha partecipato a più votazioni, però, è l’accorintiana Fenech, seguita dalla collega di gruppo Ivana Risitano (46 su 47 presenze). Dietro la lavagna, invece, finiscono Giovanna Crifò (16 presenze, solo 10 votazioni), Nicola Crisafi (19 presenze, 11 votazioni), Fabrizio Sottile (19 firme, 14 votazioni). Poi c’è il “caso Iannello”: il medico ex Pd collezione 36 presenze, ma ha partecipato solo a 16 votazioni. Poi c’è Carmelina David (27 presenze, 11 votazioni), Angelo Burrascano (35 presenze, 21 votazioni), Benedetto Vaccarino (27 presenze, 15 votazioni). E la chiamano effettiva partecipazione.

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