Nella vivace seduta del 31 marzo dello scorso anno le rinfacciarono frasi dette durante i precedenti lavori della commissione consiliare. «Chi firma in prima convocazione, sebbene il regolamento lo preveda, sa perfettamente che i lavori non si svolgeranno e che quel gettone di presenza non se lo sta guadagnando». E ancora: «Questa delibera vuole semplicemente essere un invito a “non rubare”». Parole, quelle scandite da Lucy Fenech, che indignarono molti suoi colleghi. In tanti si stracciarono le vesti, come i Sommi Sacerdoti del Sinedrio, perché quella proposta di delibera, volta a modificare il regolamento sui gettoni di presenza (per evitare gli abusi su cui oggi si sta indagando), attentava alla “dignità” e “onorabilità” del consiglio comunale. Alcuni definirono quell’atto solo un modo per avere “notorietà” e respinsero la proposta, rinviando le scelte a future delibere “condivise”. È passato un anno e ora i faldoni sono nelle mani della Digos. Qui non si tratta di infangare né il buon nome delle istituzioni né le regole della democrazia elettiva né il lavoro di quei consiglieri che davvero hanno a cuore le sorti della città e lo dimostrano con il loro impegno quotidiano. Quello che conta –e che il consiglio avrebbe dovuto fare come primo atto, subito dopo l’insediamento –è stabilire criteri rigorosi e obiettivi per evitare che ci siano coloro i quali approfittano del loro ruolo. E, ci si può scandalizzare o meno, chi prende il gettone e non partecipa ai lavori delle commissioni, è un “ladro”. Non c’è altro termine per definirlo. Sì, un ladro di soldi pubblici.
Caricamento commenti
Commenta la notizia