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I dipendenti occupano l’Ente camerale

 La prima uscita ufficiale sulla querelle che ormai da settimane ruota intorno al futuro della Camera di Commercio di Messina, è datata il 3 febbraio. In un comunicato stampa sottoscritto unitariamente, Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, che di battaglie comuni, in questi ultimi mesi, ne hanno combattute davvero poche, hanno chiarito, senza se e senza ma, la propria posizione: l’unica speranza di futuro per l’ente camerale di piazza Cavallotti, ovvero dei dipendenti che dello stesso sono dipendenti, è l’accorpamento al blocco di Catania, Ragusa, Siracusa. Da ieri pomeriggio questo stesso messaggio è passato dalla “carta” alla piazza: i lavoratori, infatti, hanno occupato l’edificio che affaccia su piazza Cavallotti, “addobbandone” l’imponente cancello in ferro con uno striscione dal significato inequivocabile: “Sì all’accorpamento”. L’intervento “fisico”, e non più diplomatico, del personale operante in un ente da sempre considerato uno stipendificio, nonché “forno” in cui politica (e parte del mondo sindacale) hanno negli anni ben cotto i propri interessi, è la conseguenza della direttiva che il presidente della Regione, Rosario Crocetta, sembra abbia impartito all’assessorato alle attività produttive di Linda Vancheri: stop all’unione tra Messina e il blocco delle Camere orientali. Per i sindacati si tratta di una scelta «insensata e scellerata. Così facendo – scrivono i rappresentati di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl – l’ente di piazza Cavallotti, che conta 69 mila imprese iscritte e non le 80 mila necessarie per legge per l’accesso al fondo perequativo, non potrà usufruire di tale somma». Si tratta, lo ricordiamo, di una somma pari a circa un milione di euro assegnata, da Unioncamere nazionale, ad ogni ente camerale e che per le Camere di commercio siciliane costituisce la sopravvivenza. Ciò per via di un’anomali tutta sicula: nell’Isola, infatti, gli Enti camerali fungono anche da enti previdenziali per i propri pensionati: «Con la progressiva riduzione del diritto camerale voluta dal Governo Renzi e la perdita del fondo perequativo – sottolineano i sindacati - è praticamente impossibile sostenersi e pagare le pensioni ai dipendenti in quiescenza. Ecco perché la volontà espressa dalla Regione ha messo in subbuglio tutto il personale». Uno scenario certamente non rassicurante per chi vede nella Camera di commercio la propria fonte di sostentamento e quindi di reddito, ma che viene certamente osservato diversamente da coloro che della Camera sono i “titolari”: parliamo cioè di quelle categorie produttive del territorio, di cui l’ente è l’organo autonomo di rappresentanza, che, eccezion fatta per Confindustria, intendono mantenere la condizione di “solitudine camerale”. Questa almeno la posizione emersa dal tavolo “Uniti per Messina” e sottoscritta nel documento consegnato al presidente Crocetta, il quale, alla luce dei contenuti riportati nella lettera, (su tutti insediamento del consiglio camerale e mantenimento dell’autonomia), ha evidentemente ritenuto essere tale l’intendimento del volto imprenditoriale di Messina. A commentare la linea assunta dai dipendenti della Camera di Commercio, interviene colui che dell’autonomia dell’ente ne ha fatto una battaglia a tratti personale: il presidente della Confcommercio, Carmelo Picciotto: «Lo stato di agitazione del personale non fermerà la battaglia intrapresa dalle associazioni datoriali – afferma Picciotto –. Voglio comunque tranquillizzare il personale perché la nostra lotta è anche funzionale alla salvaguardia delle rispettive posizioni lavorative». Per il rappresentante dell’associazione dei commercianti, inoltre, la protesta potrebbe rappresentare un input in più rispetto all’obiettivo di ottenere il «mantenimento del fondo perequativo mediante un emendamento alla legge che è in discussione al Senato e che prevede l’estensione del beneficio del fondo alle Camere di Commercio delle Città metropolitane. In conclusione, siamo dalla parte dei lavoratori e siamo certi che insieme salveremo la nostra Camera di Commercio». Una sorta di mal comune mezzo gaudio, che non può però non assumere il gusto di un’evidente forzatura tra interessi che di “Stretto” hanno ben poco.

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