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Mafia dei rifiuti,
13 condanne e 3 assoluzioni

  I giudici della Corte d’Assise d’appello (presidente Carmelo Marino) hanno inflitto 13 condanne nel processo dell’operazione “Vivaio”, che il 10 aprile del 2008 consentì ai carabinieri di arrestare decine di persone ritenute appartenenti alla famiglia mafiosa di Barcellona. Disposte otto riduzioni pena; tre assoluzioni e quattro prescrizioni. La condanna più alta, 16 anni al boss dei mazzarroti Tindaro Calabrese. Poi 13 anni sono stati inflitti al catanese Alfio Giuseppe Castro; 9 a Carmelo Trifirò; 8 anni e 8 mesi ad Agostino Campisi; 8 anni a Sebastiano Giambò, Michele Rotella e Nunziato Siracusa; 7 anni e mezzo infine al boss Carmelo Bisognano. Assolti per non aver commesso il fatto Antonino Calcagno, Cristian Giamboi e Salvatore Campanino. Le prescrizioni riguardano la vicenda del “pastazzo”, ovvero gli scarti della lavorazione degli agrumi: Bartolo Bottaro, Aurelio Giamboi, Tindaro Calabrese, Thomas Sciotto e Giuseppe Triolo. Per tutti gli altri imputati sono state confermate le pene, compreso quindi l’ergastolo ad Aldo Nicola Munafò, accusato dell’omicidio di Antonino Rottino ucciso a Mazzarrà Sant'Andrea, nei pressi della sua abitazione, nel 2006. Al centro delle indagini non solo gli interessi nella discarica di Mazzarrà Sant’ Andrea ma anche le estorsioni e le imposizioni nelle forniture di materiali per la realizzazione di opere pubbliche. La “Vivaio” consentì di documentare le infiltrazioni di un gruppo criminale affiliato a Cosa Nostra di Barcellona negli appalti pubblici in provincia di Messina. Fra questi anche i lavori per la metanizzazione dei Nebrodi e il raddoppio ferroviario della tratta Messina-Palermo. Del grande business mafioso faceva parte soprattutto la gestione delle discariche di Tripi e Mazzarrà Sant’Andrea.

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