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Declassato il teatro
Vittorio Emanuele

 È “solo” la bozza di un protocollo d’intesa ma lo Stancheris regional pensiero sulla “Circuitazione delle attività culturali” messo nero su bianco in questi giorni dall’assessore regionale al Turismo e spettacolo, che in pratica ha declassato l’Ente Teatro Vittorio Emanuele cancellando la possibilità concreta di proseguire l’attività lirico-sinfonica, ha provocato una reazione molto dura a Messina tra tutti gli operatori culturali. C’è chi vede la solita “preferenza” per Palermo e Catania. Secondo questo disegno regionale in pratica al “Vittorio Emanuele” si dovrà programmare soltanto prosa e danza. Una follia. Si dimentica una verità essenziale, ovvero che il “Vittorio” è un teatro lirico nel senso pieno del termine, già la sua stessa strutturazione, con il “buco” dell’orchestra, lo rende evidente. E gli orchestrali messinesi che vivono una vita da precari ormai da decenni cosa fanno? Vanno a casa? Mah. Quando l’orologio della storia e del teatro si fermò dopo la grande sciagura del 1908, erano da poco passate le cinque del mattino. Qualche ora prima i messinesi erano usciti dal “Vittorio” dopo aver assistito ad una splendida Aida, ancora qualcuno ne discuteva, soppesando cantanti e orchestra. Quando il “nuovo” Vittorio rinacque nel 1985, al culmine di una storia di distruzioni e di restauri infiniti, dopo un silenzio durato ben 76 anni, il grande maestro Sinopoli e la “Philarmonia Orchestra” londinese suonarono Verdi, Ravel e Mahler. Ecco, relegare il nostro teatro solo alla prosa e alla danza sarebbe come farlo tornare indietro a quelle lancette rotte. Un insulto all’intera città che possiede solo questo grande teatro, dove dev’essere consentito poter programmare tutto. Del “progetto-Stancheris” ne abbiamo parlato ieri con il presidente dell’Ente, Maurizio Puglisi, che non lo condivide affatto.

Presidente Puglisi cosa ne pensa della bozza di protocollo d’intesa dell’assessore Stancheris? «Beh, ho avuto cognizione che si tratta intanto di una impostazione provvisoria, ma anche se è un’ipotesi per come è concepita io non sono assolutamente d’accordo su nulla per quel che riguarda l’Ente Teatro Vittorio Emanuele. Se ne dovrà discutere. Credo comunque che bisogna fare un discorso molto chiaro, e capire finalmente se per la Regione Siciliana i teatri siano una risorsa o soltanto una palla al piede. Io sono convinto che con la cultura non si può improvvisare e non bisogna scherzare, e poi che la cultura può essere una vera risorsa economica, se si fanno funzionare certi meccanismi».

A che punto siamo con la “nuova vita” del Teatro? «Ecco, proprio per capire bene quello di cui parlavo prima io aspetto con ansia la nomina del nostro Cda, per poter cominciare a lavorare sul serio. Anche tutto il nostro personale può diventare una grande risorsa, ma bisogna fare presto. Mi viene in mente anche un’altra cosa. Il presidente Crocetta va molto fiero delle città metropolitana, e qui da noi il “Vittorio” dovrebbe addirittura essere il punto culturale centrale di un’intera area geografica, quella dello Stretto. Questo protocollo d’intesa io credo sia una vera contraddizione con il futuro dell’area metropolitana».

Che idee ha per il futuro del “Vittorio”? «Siamo sempre in attesa di capire questa benedetta finanziaria regionale cosa stabilirà, una volta avuta chiarezza su questo e soprattutto una volta insediato il cda potremo programmare tutto, ma non si può lasciare un ente importante come il nostro senza cda così tanto tempo, oltretutto con delle indicazioni precise sui nomi che sono stati fatte da mesi. Con il cda all’opera intanto la prima cosa da fare è rimettere in moto la macchina dal punto di vista organizzativo, a breve avremo le tabelle di equiparazione per il personale, bisognerà applicare anche un nuovo contratto, ci saranno tutta una serie di cambiamenti. Il teatro non è mai stato strutturato e organizzato come si deve, certo i soldi saranno pochi ma penso che potremo fare una serie di attività che potranno contare su ricavi importanti. Abbiamo già discusso di idee che si possono realizzare con poco, e contestualmente allargare la platea del pubblico. Io vedo anche di buon occhio alla collaborazione con le altre strutture, ma con tutto il rispetto siamo noi che dobbiamo decidere con chi e come dobbiamo farlo. Per l’opera lirica per esempio penso ad una collaborazione con TaoArte, che è una realtà geograficamente vicina a noi, è abbastanza facile creare sinergie. Ma mi devono spiegare come si fa ad interagire quando sei a duecento chilometri di distanza, la cosa la vedo un po’ più complicata ».

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