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Falce: discariche
sulla Cultura

  Dell’appalto mai completato dal Comune per la bonifica dei terreni della Real Cittadella spagnola non si hanno più notizie, se non le solite, da tempo interminabile. Delle soluzioni storiche dei contenziosi tra Ente Porto e Autorità portuale, su questo o quel brandello di cantiere morto (ex Degassifica Smeb, ex Savena, ex Cassaro) e dell’ovvia necessità di un governo unitario del territorio, meglio ormai tacere fino a quando questi “tavoli” non diverranno una cosa seria. L’unica raggelante certezza è che la Falce, la parte più ricca di potenzialità del porto e della città continua ad essere – al di là del buon lavoro dell’Autorità portuale per ridare dignità alla strada – non governata né vigilata: non esiste unità di gestione nè tanto meno di programmazione. La penisola da cui nacque Messina, costituente Demanio, resta in gran parte frazionata a spizzichi e bocconi, un territorio morto attraversato da pescatori, disperati e ladruncoli, e su cui aleggiano le incancrenite liti tra due Istituzioni “portuali” che si succhiano a vicenda il sangue della legittimità ad esistere, a produrre risultati. L’una, l’Ente Porto, resta il più inutile ente d’Italia: per la semplice ragione che, anche se l’Autonomia lo impone, è stato svuotato di ogni senso dalla legge che ha creato le Autorità portuali. Questa è la cornice in cui la Falce affonda. Un ghetto che sfregia gli sforzi delle poche realtà che più o meno funzionano: la Marina, l’Ar - senale, il Talassografico, Rodriguez, Palumbo, la stessa autostrada del mare.

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