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Una città scossa da
povertà e casi difficili

  È uno dei Natali più malinconici degli ultimi venti anni se si viene fuori dalle ansie di vite più o meno sicure, e si penetra nell’universo delle povertà. Non occorrono sforzi, basta non far fuggire sempre lo sguardo altrove quando uno sguardo disperato incrocia la nostra via: accade a Messina, non è altrove. Perché stavolta non c’è la crisi dell’Occidente, il debito dell’Italia, la questione del Sud, o la Tares messi assieme, a fare da tergicristallo che tutto possa arginare. Come dimostrano gli sforzi con dentro qualcosa di disperato promossi in queste ore dall’Amministrazione Accorinti (allestire quel dormitorio pubblico per i senza dimora che nessun Comune ha mai intrapreso in 5 anni, nel giro di qualche settimana e dentro un immobile abbandonato) il nodo povertà è ormai un cappio stringente. Mai Messina è parsa così piagata da casi che coinvolgono, allo stesso modo, famiglie e single. Nella morsa del disagio, fino al collo, ci sono padri e madri che fanno i lavori più umili per dare pane e medicine ai loro bambini, e persone che la speranza di ritrovare un lavoro l’hanno persa e vanno alla deriva. La Chiesa, la Caritas, le mense, la Croce Rossa, i volontari laici, l’help center, gli aiuti per un pasto o una terapia non mancano, ma non basta a risalire la china della normalità perduta. Negli ultimi giorni il nucleo Decoro della polizia municipale è stato chiamato tre volte in causa, ed ha sollevato il velo di situazioni estreme, rispetto alle quali una svolta è indispensabile. Ma almeno per due di esse non si intravede nemmeno.

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