C’è chi parla di accordo “storico”. Chi teme l’ennesima illusione-delusione. Chi addirittura paventa l’avvio di una nuova stagione di speculazione edilizia e chiede un referendum consultivo su cosa i messinesi vogliono che diventi la Zona falcata. Il protocollo d’intesa, che sarà firmato il prossimo 31 ottobre dalla Regione e dall’Autorità portuale, qualunque sia il giudizio, rappresenta un punto fermo. È come se tutte le componenti in causa, presa finalmente consapevolezza dell’impazzimento generale che in questi decenni ha prodotto danni devastanti al territorio, all’ambiente e alla stessa economia della città dello Stretto, fossero in qualche modo rinsavite. Un’opera mediatica di martellamento quotidiano ha fatto breccia in quella “Porta Pia” che sembrava chiudere qualsiasi possibilità di accesso, non solo fisico, ma soprattutto psicologico e culturale, alla Falce, a quello straordinario connubio di miti, di storia e di opportunità future, a quello splendido affaccio a mare negato e segregato in una prigione di insopportabile degrado ed abbandono.
Il rinsavimento, in sè, non significa che ora si sia imboccata la strada giusta, che tutto sarà risolto con la firma dell’Accordo del 31 ottobre, che arriveranno i finanziamenti mai giunti, che si sbloccheranno i progetti, che gli enti andranno d’amore e d’accordo. Sarebbe auspicabile ma i sogni, si sa, son desideri e non siamo nella fiaba di Cenerentola. Il testo del protocollo, nella sua ultima versione, lascia aperto il fianco a molti dubbi e perplessità, però su una cosa sembra davvero sgombrare il campo dagli equivoci: con quest’intesa finisce una volta per tutte l’ultradecennale contenzioso tra Stato e Regione, tra Autorità portuale ed Ente autonomo portuale. I soggetti coinvolti, precedendo l’esito delle sentenze dei tribunali, rinunciano a ogni richiesta di risarcimento, fumano il calumet della pace e s’impegnano ad affrontare in piena sinergia sia le questioni complesse della bonifica di un territorio altamente contaminato sia i piani della futura riqualificazione e valorizzazione delle aree.
C’è chi parla di accordo “storico”. Chi teme l’ennesima illusione-delusione. Chi addirittura paventa l’avvio di una nuova stagione di speculazione edilizia e chiede un referendum consultivo su cosa i messinesi vogliono che diventi la Zona falcata. Il protocollo d’intesa, che sarà firmato il prossimo 31 ottobre dalla Regione e dall’Autorità portuale, qualunque sia il giudizio, rappresenta un punto fermo. È come se tutte le componenti in causa, presa finalmente consapevolezza dell’impazzimento generale che in questi decenni ha prodotto danni devastanti al territorio, all’ambiente e alla stessa economia della città dello Stretto, fossero in qualche modo rinsavite. Un’opera mediatica di martellamento quotidiano ha fatto breccia in quella “Porta Pia” che sembrava chiudere qualsiasi possibilità di accesso, non solo fisico, ma soprattutto psicologico e culturale, alla Falce, a quello straordinario connubio di miti, di storia e di opportunità future, a quello splendido affaccio a mare negato e segregato in una prigione di insopportabile degrado ed abbandono.
Il rinsavimento, in sè, non significa che ora si sia imboccata la strada giusta, che tutto sarà risolto con la firma dell’Accordo del 31 ottobre, che arriveranno i finanziamenti mai giunti, che si sbloccheranno i progetti, che gli enti andranno d’amore e d’accordo. Sarebbe auspicabile ma i sogni, si sa, son desideri e non siamo nella fiaba di Cenerentola. Il testo del protocollo, nella sua ultima versione, lascia aperto il fianco a molti dubbi e perplessità, però su una cosa sembra davvero sgombrare il campo dagli equivoci: con quest’intesa finisce una volta per tutte l’ultradecennale contenzioso tra Stato e Regione, tra Autorità portuale ed Ente autonomo portuale. I soggetti coinvolti, precedendo l’esito delle sentenze dei tribunali, rinunciano a ogni richiesta di risarcimento, fumano il calumet della pace e s’impegnano ad affrontare in piena sinergia sia le questioni complesse della bonifica di un territorio altamente contaminato sia i piani della futura riqualificazione e valorizzazione delle aree.C’è chi parla di accordo “storico”. Chi teme l’ennesima illusione-delusione. Chi addirittura paventa l’avvio di una nuova stagione di speculazione edilizia e chiede un referendum consultivo su cosa i messinesi vogliono che diventi la Zona falcata. Il protocollo d’intesa, che sarà firmato il prossimo 31 ottobre dalla Regione e dall’Autorità portuale, qualunque sia il giudizio, rappresenta un punto fermo. È come se tutte le componenti in causa, presa finalmente consapevolezza dell’impazzimento generale che in questi decenni ha prodotto danni devastanti al territorio, all’ambiente e alla stessa economia della città dello Stretto, fossero in qualche modo rinsavite. Un’opera mediatica di martellamento quotidiano ha fatto breccia in quella “Porta Pia” che sembrava chiudere qualsiasi possibilità di accesso, non solo fisico, ma soprattutto psicologico e culturale, alla Falce, a quello straordinario connubio di miti, di storia e di opportunità future, a quello splendido affaccio a mare negato e segregato in una prigione di insopportabile degrado ed abbandono.Il rinsavimento, in sè, non significa che ora si sia imboccata la strada giusta, che tutto sarà risolto con la firma dell’Accordo del 31 ottobre, che arriveranno i finanziamenti mai giunti, che si sbloccheranno i progetti, che gli enti andranno d’amore e d’accordo. Sarebbe auspicabile ma i sogni, si sa, son desideri e non siamo nella fiaba di Cenerentola. Il testo del protocollo, nella sua ultima versione, lascia aperto il fianco a molti dubbi e perplessità, però su una cosa sembra davvero sgombrare il campo dagli equivoci: con quest’intesa finisce una volta per tutte l’ultradecennale contenzioso tra Stato e Regione, tra Autorità portuale ed Ente autonomo portuale. I soggetti coinvolti, precedendo l’esito delle sentenze dei tribunali, rinunciano a ogni richiesta di risarcimento, fumano il calumet della pace e s’impegnano ad affrontare in piena sinergia sia le questioni complesse della bonifica di un territorio altamente contaminato sia i piani della futura riqualificazione e valorizzazione delle aree.
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