I giudici del Riesame hanno depositato le motivazioni sull’inchiesta “Corsi d’oro”, per spiegare nei dettagli i provvedimenti con cui ai primi di agosto avevano confermato gli arresti domiciliari e i sequestri di beni a nove indagati della clamorosa inchiesta sulla formazione professionale a Messina e in Sicilia, gestita dalla Procura peloritana. L’unica “concessione” fatta alle argomentazioni difensive è la “cancellazione” del peculato come reato contestato perché secondo il Riesame sarebbe “assorbito” dalla truffa, mentre per tutto il resto, compreso il profilo degli “affitti d’oro”, i giudici hanno sposato pienamente la teoria accusatoria della Procura. Nelle motivazioni i giudici scrivono di un «... meccanismo fraudolento articolato, basato sull’istituzione di società tutte riconducibili al medesimo centro di interesse economico», con parecchi indagati «legati da stabili rapporti, anche di natura familiare, con gli stessi legali rappresentanti delle onlus, e il tutto praticando prezzi gonfiati ed esorbitanti». La rete di onlus tra Lumen, Aran e Ancol era votata secondo il Riesame a «stipulare contratti a condizioni fuori mercato, allo scopo di consentire agli indagati stessi di introitare per sé i maggiori finanziamenti pubblici così ottenuti».
I dettagli li trovate nell'articolo del nostro giornale
Caricamento commenti
Commenta la notizia