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Tutti dietro la Vara
Si ripete il miracolo


di Lucio D'Amico

  Eccolo il gran giorno. Possiamo far finta che non c’importa nulla, possiamo iscriverci al club degli snobisti, possiamo rinnegare la nostra messinesità e disprezzarla come fosse una catena ai piedi, maalla fine siamo tutti qui, ai piedi del Cippo, in trepidante attesa. Perché la Vara torna ogni anno e ogni anno è diversa. Perché quel Carro trionfale, che corre lungo le strade tra bestemmie e preghiere, non attraversa solo luoghi fisici ma entra nella storia di ciascuno di noi e nell’anima di un’intera comunità. Siamo tutti qui di nuovo, a parlarne, a litigare, a chiedere come è il clima tra i tiratori, a interrogarci sulle possibili conseguenze delle tensioni cresciute negli ultimi mesi, dopo i provvedimenti giudiziari che hanno colpito due dei componenti storici del Comitato Vara, Franco Celona e Franco Molonia. Siamo qui a cercare di capire se il rispetto della legalità sia solo un concetto vuoto, se si può tirare la Vara e nello stesso tempo far professione di fede nella giustizia e nella lotta a ogni forma di criminalità organizzata e a ogni condizionamento mafioso. Ma qualunque sia l’approccio, l’incontro individuale e collettivo con questo evento che mescola da 500 anni il sacro e il profano, quando è il momento di serrare i ranghi, di aggrapparsi alle corde, di scegliere il proprio posto, si diventa tessere di un unico mosaico. Anche i più duri di cuore si sciolgono, atei e credenti vanno a braccetto, santi e galeotti uno accanto all’altro, come è sempre accaduto, come sempre accadrà. E questo non è “buonismo”, non significa annullare le differenze, non vuol dire “volemose bene” e così darla vinta ai prevaricatori, agli arroganti, ai bulli, ai boss, ai mafiosi di ogni risma. La Vara include ma non è un colpo di spugna che cancella reati, ingiustizie, modi di fare e di pensare che vanno sradicati senza alcuna pietà. Alle 18,30 il primo grido, “Viva Maria”, poi i 21 colpi di cannone, il trionfo di coriandoli che rende ancora più suggestiva la cornice dentro la quale la poderosa “ma - china” si mette in moto con la forza di migliaia e migliaia di braccia, con la rapidità di un fiume di piedi scalzi, con la delicatezza di meccanismi che solo in pochi conoscono realmente ed è anche per questo che tutti possono tirare la Vara ma solo dopo averne fatto esperienza sul campo. La teoria è bella, la pratica è altra cosa, e guai a infilarsi nei posti sbagliati, guai a sbagliare una manovra, perché tutto rischia di andare in tilt e quando ciò è accaduto, si è sfiorata la tragedia. Come sarà l’edizione 2013? Ieri mattina il sindaco Renato Accorinti e l’assessore alla Cultura Sergio Todesco hanno ribadito essenzialmente due concetti: 1) la riaffermazione, piena e senza sconti per nessuno, dei principi della legalità e di un “no”, da urlare con tutta la forza possibile, un “no alla mafia e al malaffare”; 2) la necessità di non gettare con l’acqua sporca anche il bambino, di non far ricadere sui figli le eventuali colpe dei padri, di non essere vittime di un “radicalismo” cieco che alla fine potrebbe far ancor più danni dell’illegalità. Sono temi sui quali si discuterà anche nelle prossime settimane. Il primo messaggio è chiaramente rivolto a chi pensa che la “gestione della Vara” sia una sorta di “cosa nostra”, il secondo a qualche ragazzo di Addiopizzo che non avrebbe voluto che alle corde ci fossero i figli dei due componenti del Comitato a cui i giudici hanno inflitto misure restrittive. L’assessore Todesco immagina per il 2014 un’edizione rinnovata, piena di eventi e di iniziative alle quali l’amministrazione già lavorerà fin da domani. Ma per quest’anno il tempo a disposizione era davvero esiguo e quello che si è potuto fare, lo si è fatto grazie alla mobilitazione straordinaria di tutte le componenti istituzionali, di tutto il volontariato e di quei privati che hanno voluto sostenere concretamente i costi della processione dell’Assunta. È questa la forza straordinaria di Messina, anche se talvolta noi messinesi siamo i primi a dimenticarcene, ad andare ciascuno per la propria strada, come randagi, senza una meta. La Vara viene a ricordarci che siamo un popolo. Fiero, orgoglioso, testardo, buddace, ma un popolo. E questa è la nostra festa

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