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Fondo di rotazione,
22 milioni in meno

Dal Governo non arriveranno più 73 milioni di euro per il “Salva Comuni”. La brutta notizia è stata “notificata” al ragioniere generale di Palazzo Zanca, Nando Coglitore e al dirigente responsabile Giovanni Di Leo, direttamente dal direttore generale della Finanza locale del ministero dell’In - terno, Giancarlo Verde, durante l’incontro tenuto a Roma lo scorso giovedì. Per fronteggiare la richiesta di tanti Comuni italiani, infatti, il ministero ha deciso di decurtare le somme, originariamente definite, del 30%. Per questo motivo a Messina arriveranno 50-51 milioni di euro e non più 73. Un male? Forse sul breve periodo, ma alla lunga significa che Messina dovrà restituire meno soldi. Il vero problema, però, è un altro. Ovvero capire se il Comune di Messina riuscirà a rispettare le linee guida molto severe imposte lo scorso 3 gennaio dalla Corte dei Conti. I tre consulenti del commissario Croce, con l’avvocato Nino Dalmazio in testa, e i dirigenti di Palazzo Zanca Coglitore e De Leo stanno lavorando al piano pluriennale che dovrà essere presentato al Consiglio comunale il prossimo 27 gennaio. A quel punto l’Aula avrà tempo sino all’11 febbraio per approvarlo, dunque la comunicazione alla Corte dei Conti e al Ministero che dovranno dar vita all’istruttoria. La valutazione finale spetterà alla Corte dei Conti sezione delle Autonomie. Un’impresa che oggi si presenta tutt’altro che facile. «Non fatemi dichiarare nulla – ha ribattuto ieri Nando Coglitore – stiamo lavorando, anche se ovviamente non è una passeggiata». Non lo è la predisposizione del documento, come non lo sarà fronteggiare i tanti debiti nei prossimi dieci anni. Visto che il bilancio del Comune di Messina, tra Fondo di rotazione nazionale e Salva Comuni siciliano, partirà ogni anno da -13 milioni di euro, a cui bisognerà aggiungere anche il Piano di rientro dell’Ato 3 (oltre due milioni di euro). In sostanza bisogna trovare ogni anno più di 15 milioni di euro, a parte tutto il resto. Senza dimenticare la battaglia legale tra il Comune e il governo nazionale sul Patto di stabilità e le sanzioni che lo Stato ha comminato nei confronti di Palazzo Zanca. Ed in particolare la “multa” da 7,2 milioni che il Comune ha prima pagato e poi si è fatto restituire grazie ad una pronuncia del Tar. Adesso il Governo rivuole quei soldi e ha presentato ricorso al Consiglio di Stato proprio contro quella sentenza del Tar che ha fatto sì che a novembre arrivasse a Messina, nei giorni più caldi dell’emergenza, una più che salutare boccata d’ossigeno da più di 7,2 milioni. La base è una: il Comune nel 2011 non ha rispettato i parametri del Patto di stabilità. Sforato, appunto, di poco più di 7 milioni. Da qui la sanzione equivalente del ministero dell’Interno. In estate il ricorso al Tar di Catania, per conto del Comunee lo stallo in attesa che la Corte costituzionale si pronuncerà sull’applicabilità del Patto di stabilità nelle Regioni a Statuto speciale come la Sicilia (26 marzo). Ma l’avvocatura di Stato, ha fatto pervenire il proprio ricorso a Palazzo Zanca il 3 gennaio scorso. Secondo i legali del Ministero la competenza non è del Tar di Catania e sarebbero comunque sbagliati i presupposti della sentenza. L’udienza di fronte al Consiglio di Stato si terrà il 21 gennaio, ma Palazzo Zanca potrebbe giocarsi la carta dell’insufficienza dei termini a difesa, non essendoci i 20 giorni liberi tra la notificazione e l’udienza stessa.

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