Ripartono, dunque, tra gennaio e febbraio le prime opere per quasi 5 milioni di euro, programmate dall’Autorità portuale per il rilancio della Zona falcata. A bloccarle, istruttivo ricordarlo, è stato uno dei contenziosi più folli d’Italia, quello tra l’Autorità portuale, nella cui circoscrizione la gran parte della Falce rientra, e l’Ente Porto, che nella medesima può vantare la titolarità di due grossi impianti quali il Bacino di carenaggio e l’ex Degassifica e assieme ad essi l’obiettivo di creare il “Punto franco di Messina”, obiettivo che si trascina, viene pure vergogna a ricordarlo, dall’anno 1953. Da un lato, dunque, lo Stato (che nel 1994 ha istituito e perimetrato le aree dell’Autorità portuale di Messina-Milazzo) e dall’altro la Regione, madre di quell’Ente Porto che, in appena 144.000 metri quadri della Falce, superficie oggi risibile, doveva attuare il Punto franco. In qualunque posto serio del mondo già dal 1994 la Regione avrebbe sciolto il secondo ente, divenuto inutile ed anacronistico e, se ancora possibile in un’altra zona di Messina o di Milazzo, assegnato quel suo fine alla nuova Autorità portuale. Da noi, sappiamo com’è andata a finire.
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