"L’unica missione è creare un Messina solido e forte, che possa ambire a traguardi importanti": prima uscita “ufficiale” per il Pietro Lo Monaco 2.0 a Messina, che ieri ha parlato della sua nuova esperienza in riva allo Stretto intervenendo su Rtp durante la “Antenna Giallorossa”. Toccati molti temi, dal campo alla strutturazione societaria, senza tralasciare il passato da patron. "A livello interno - ha esordito il dirigente campano accanto ai giornalisti Antonio Sangiorgi e Marco Capuano - sono state riempite tutte le caselle ed ora si deve spingere la macchina".
Ma come è nata la nuova avventura in terra peloritana?
"Con Pietro Sciotto ci conosciamo da 40 anni, gli avevo sconsigliato di fare calcio perché si spendono troppi soldi. Gli avevo sempre detto che non sarei tornato, ma è stato costante e bravo. Avevo altre richieste dalla B ma avevo dato una parola e l’ho rispettata".
Cosa è cambiato da quando ha lasciato la città asserendo che non si potesse fare calcio rispetto a ora?
"Oggi c’è un presidente con possibilità economica, con voglia di fare e forza. Gli ultras ci sono sempre, alcuni li ricordo da quando giocavo io. Bisogna recuperare quella parte che riempiva il “Celeste”. Almeno 15 mila sarebbe un viatico importante. Urge puntare a stuzzicare i dormienti".
Da cosa si riparte?
"Cercando di costruire nel tempo una società florida. Serve però l’affiatamento tra le componenti: calciatori, tecnici, comunicazione, tifosi e società, che deve essere in grado di fare andare tutto nella direzione giusta. Oggi il Messina riparte da zero, sta nei professionisti e punta ad ambire nel medio tempo a standard che stanno nel dna del club, nell'ottica di 3-4 anni".
La precedente avventura personale con l’Acr si è conclusa nel peggiore dei modi: frasi pesanti, una retrocessione sul campo, una piazza in rivolta e l’inevitabile cessione.
"Ci sono storie e poi c’è la verità. Prima della partita Reggina-Messina entrambe le squadre sapevano che avrebbero giocato in C al di là di come sarebbe finita, si conoscevano i problemi della Vibonese. Quando presi il Messina era in D da otto anni, rischiava di fallire. Allora ero al Genoa fu colpa di mio figlio che mi chiedeva di salvare la squadra. Ho subito chiarito che non ero un imprenditore con interessi economici in città. Era un gesto d'amore, perché giocai e mi innamorai, e sono sempre tornato qua. Ma senza aiuti diventa difficile. Gli abbonati in D furono 700, l’anno dopo 350 cioè la metà. La risposta era negativa ma mi sono incarognii ottenendo un’altra promozione. Il giorno dopo l’ultima di campionato avevo chiesto 5000 abbonati, senza i quali avrei mollato. La risposta fu meno di mille e da quel momento mi sono disinteressato. Avevamo bloccato Iemmello e Donnarumma ma feci saltare tutto. Se non crei partecipazione dopo due promozioni, quando può accadere? Ci ho rimesso due milioni di euro, avessi saputo prima l’epilogo li avrei regalato ai bisognosi. Strappo ricucibile? Non ho problemi nemmeno per le contestazioni, andrò avanti. La squadra viene prima di tutto. La polemica tra una parte e uno lascia il tempo che trova".
E si sofferma sullo staff ma anche su settore giovanile e femminile.
"Il ds Argurio ha già fatto bene, è un messinese e tifoso, sono qui anche per lui che ha insistito, le sue gioie sono doppie. Poi ci sono Failla, Puglisi, Fugazzotto e il team manager Parisi, un ruolo per cui è tagliato. Abbiamo messo in piedi la Primavera 4, faremo Allievi e Giovanissimi Nazionali. Inoltre allestiremo una Allievi regionali sotto età. Questo tramite accordi con Fair Play e Aga, realtà consolidate del territorio. Collaboreremo anche per la formazione femminile".
Infine la questione stadi, altro nodo del passato che si ripresenta...
"Al “San Filippo” sono stati fatti tre anni di ricognizione seria, ora 500 mila euro possono bastare per adeguarsi alla normativa ma non per risanare i limiti strutturali. Mi auguro che gli interventi comunali rendano fruibili tutti i settori, aprendo al 25% d’accesso sulla massima capienza e non sull’attuale autorizzata di 6900 spettatori. Per quanto riguarda il “Celeste”, abbiamo avanzato una richiesta per averlo tutto l’anno per fare allenare la prima squadra e far giocare le giovanili. Poi un’altra pluriennale, attraverso un progetto per la conversione in sintetico. È giusto che il Comune scelga la strada che ritiene. L’obiettivo è farlo tornare un punto di riferimento. Quando giocavo io sentivamo la sacralità, non era facile per nessuno. Mi auguro si possano ricrearsi condizioni del genere al “Franco Scoglio”. Polo sportivo? Il presidente ha dei terreni a Giammoro, ne abbiamo parlato ma resto convinto che si possa fare in città. Il sogno è creare una “Casa del Messina” aperta a tutti".
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