Dal pop d’autore alla svolta elettronica dell’ultima fase. Con la voglia matta di scoprirsi, riscoprirsi e mettersi in gioco. Luca Carboni è atterrato col suo “satellite” Sputnik, nome del tour e del suo ultimo album, al Teatro “Vittorio Emanuele” di Messina ed è stato un successo.
Dimostrazione palese che il “ragazzo” bolognese, scoperto da Lucio Dalla all’Osteria “Vito” ha ancora tanto da dire nel panorama della musica italiana.
Due concerti in uno: una prima parte con atmosfere più intime con Luca Carboni che saluta il pubblico, invocando l’aiuto dei suoi fan per i ritornelli delle canzoni più famose, e una seconda parte che, invece, consente agli spettatori di scatenarsi col sound elettrico dei brani recenti. Sulla scena uno show colorato, dove luci e laser emergono da un maxischermo digitale. Le immagini raccontano e amplificano il lavoro musicale, fotografie della carriera che si uniscono a quelle che hanno segnato la grande storia da sessanta anni fa ad oggi. Sul palco lo accompagna la sua band con Antonello Giorgi alla batteria, Ignazio Orlando al basso, Mauro Patelli e Antonello D’Urso alle chitarre, Fulvio Ferrari Biguzzi alle tastiere.
Un concerto – voluto dai due organizzatori Lello Manfredi (Sud Dimensione Servizi) e Nuccio La Ferlita (Puntoeacapo) – che dimostra un percorso innovativo, per la qualità dei testi, degli arrangiamenti, e per l’evoluzione artistica, rimasta sempre però fedele al suo stile: quello del pop d’autore intimista. In circa due ore di spettacolo è stata la volta dei brani storici (“Farfallina”, “Gli autobus di notte”, “Silvia lo sai”, “Inno nazionale”, “Ci vuole un fisico bestiale”, “Mare mare”) e di quelli dell’ultimo lavoro, tra cui “Segni del tempo“, “Amore digitale“, “Il Tempo dell’amore“, “Figli dell’amore“.
Brani figli della collaborazione con i nomi nuovi del cantautorato italiano, quello indie. Da Calcutta a Giorgio Poi passando per Gazzelle. Un confronto incontro. Che Carboni alla vigilia del tour ha sempre spiegato con la sua voglia di sperimentazione. «Mi piaceva l'idea di far incontrare la mia generazione con la nuova generazione, che sta rinnovando la canzone d'autore, partendo da punti in comune. Ma è un discorso che porto avanti già da un po' – ha raccontanto – negli ultimi anni ho capito che sentire sempre il mio punto di vista sulle cose mi annoiava e che volevo sentire altre voci. Negli ultimi anni, nella musica italiana, c’è stato il pop, il rap, e il rap che si trasformato in trap. Mancava da tempo una generazione che facesse anche la canzone d’autore in una chiave nuova e che rubasse un po’ di spazio al pop più banale presente da anni nella musica italiana, perciò ben vengano queste nuove generazioni che hanno un punto di contatto con cantautori come me. Usano un linguaggio che permette di spaziare molto ed ha la capacità di essere innovativo, ma di permettere anche a me di riconoscermi, nonostante io possa essere un loro padre».
Tanta voglia anche di concedersi al pubblico e di far festa con i suoi fan messinesi (a un certo punto ha indossato anche la sciarpa del Messina per un omaggio, come si vede nella foto di Enrico Di Giacomo), con cui si è intrattenuto a lungo al termine del concerto per selfie e autografi di rito.
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