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Il generale Galletta: "La mafia si combatte ogni giorno" INTERVISTA

Una conversazione con il generale Riccardo Galletta, che dal 12 gennaio s’è insediato a capo del Comando Interregionale “Culqualber” dei carabinieri di Nuccio Anselmo

Generale Riccardo Galletta, dal 12 gennaio lei è a capo del Comando Interregionale “Culqualber” dei carabinieri, quindi ha una competenza su Calabria e Sicilia e circa 15mila uomini. Guardando all’aggressione mafiosa di queste due regioni gli indicatori ci dicono che Cosa nostra è in recessione e la ’ndrangheta è in forte espansione a livello mondiale. Dal suo punto di vista questa situazione è reale o ci sono delle differenziazioni?
«Diciamo che questa è la lettura oramai più comune, che vede Cosa nostra in una sorta di contrazione rispetto ai decenni passati ed invece un’affermazione a tutto tondo della ’ndrangheta non solo nella regione di origine ma anche nelle sue proiezioni extraregionali e a livello internazionale. È vero che Cosa nostra ha subito un’azione di risposta dello Stato, tuttavia io credo si debba sempre citare una frase del giudice Falcone, il quale diceva che “... a Cosa nostra bisogna prestare la quotidiana attenzione”. La storia di Cosa nostra ci dimostra che in particolare la mafia siciliana ha sempre cercato di trasformarsi via nel tempo, ha sempre cercato più che di opporsi allo Stato, tranne il periodo delle stragi da parte dei corleonesi, di convivere in modo parassitario per poter lucrare quanto più possibile soprattutto dalle grandi risorse finanziarie che lo Stato o gli enti locali avevano a disposizione. Il fatto che non ci siano o siano di gran lunga inferiori rispetto ad un tempo le manifestazioni virulente non significa che sia completamente scomparsa, sarebbe un errore strategico pensare a questo, in ogni caso è sicuramente molto meno potente rispetto a un tempo. Bisogna prestare la quotidiana attenzione per cercare di individuare per tempo quali saranno le strategie di Cosa nostra e poter prevenire, non solo reprimere, certamente. Di fronte c’è una ’ndrangheta che, dicevamo una volta, si differenziava da Cosa nostra perché non aveva una struttura verticistica che coordinava le varie ’ndrine mentre poi le indagini hanno dimostrato che invece esiste una sorta di direttorio, che era più difficile da combattere rispetto a Cosa nostra perché essendo caratterizzata spesso e volentieri da rapporti familiari, di sangue, registrava molte meno defezioni interne. Oggi il mondo evolve, e abbiamo scoperto che esistono una regia, delle proiezioni extra regionali e internazionali, se è vero come è vero che gestisce nel modo più efficace i traffici internazionali di stupefacenti, dai cartelli del Sudamerica fin verso l’Australia e lucra, ovviamente, moltissimo».

Lei ha svolto la prima parte della sua carriera agli inizi degli anni 80, a Catanzaro. Come ha trovato la Calabria in questo arco di tempo, è cambiata in meglio o in peggio?
«A Catanzaro ho fatto un brevissimo passaggio all’inizio, sì. La Calabria ha grandissime possibilità e potenzialità come ce l’ha la Sicilia, forse la Sicilia ha una vocazione imprenditoriale maggiore rispetto alla Calabria, forse anche in ragione della natura del territorio. Io ho molta fiducia nelle giovani generazioni, questo vale per la Sicilia e per la Calabria, cioé credo che l’azione di contrasto al crimine organizzato non possa fondarsi soltanto nell’azione repressiva ma debba essere un’azione a tutto tondo, e in questa azione un ruolo primario lo giocano tutte le istituzioni, prime tra tutte la scuola, le università. Credo che nei giovani calabresi e siciliani ci sia un percorso di assoluta maturazione e di crescita, che mi lascia essere ottimista per il futuro».

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