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Marco: "Io figlio della violenza, testimone per le donne. Mia mamma mi ha insegnato a vivere"

Non candele accese a memoria, ma testimonianze vive che un'altra vita è possibile. Che la violenza si affronta senza silenzi, chiedendo aiuto e denunciando. Così si risorge. A raccontarlo è un uomo, un uomo che è figlio di una ragazza madre, presa in giro, sfruttata e abbandonata. Due volte. La prima da giovane donna, la seconda anche da moglie e madre.

Eppure Marco, il suo primogenito, oggi è testimone di una vera e propria resurrezione, lui che da piccolo era guardato male da tutti, oggi, da docente, insegna ai ragazzi a “stare a fianco” a una donna. Non davanti, non sopra, non dietro, ma “solo” a fianco, accompagnandosi, tenendosi per mano.

La sua mamma ha vissuto tormenti e paure, solitudine e abbandono, ma ce l'ha fatta, si è buttata alle spalle un passato di angosce ed ha tirato su due splendidi figli che, oggi, le dicono grazie, fieri della sua forza.

Quando ha scoperto di essere incinta mia madre abitava in un paesino in cui la gente mormorava, così si è allontanata dalla sua famiglia e ha ha conosciuto il Cirs, che è stato la mia prima casa, sono nato con una malformazione che non mi permetteva di camminare, per mia madre sarebbe stato molto più facile lasciarmi lì e, invece, ha lottato, ed io sono diventato la sua stampella. Ha sempre lavorato, senza mai farmi mancare nulla, mi ha fatto studiare per la prima e la seconda laurea, si è anche sposata con un uomo da cui è nato mio fratello, un uomo che però è scappato via con quella che allora era la mia ragazza. Mia madre, però, neanche in questa occasione ha mollato. Ha continuato a lottare...”.

Per Marco la mamma rappresenta la forza e il coraggio, la tenacia di rialzarsi dopo due batoste e andare avanti senza fermarsi. La sua mamma ha avuto il coraggio e la forza di chiedere aiuto e di farsi aiutare. “Non è una vergogna – spiega Marco – perché non bisogna pensare di essere sbagliati, non si deve avere paura o sentirsi in colpa, quando qualcuno ti fa del male”.

Oggi Marco ha fatto una scelta, quella di essere un testimone: “Essere figlio di una ragazza madre per la mia generazione era una cosa da nascondere, ma crescendo al Cirs ho scoperto che non era così, che non si deve temere di confessare che si ha bisogno di aiuto, che si subisce una violenza fisica o psicologica, so che non è facile cercare aiuto per rimettersi in piedi, non è facile denunciare, ma è la cosa giusta da fare, questo è un vero gesto di forza e di coraggio. Chi fa del male gioca molto sul colpevolizzare la vittima, tenersi tutto dentro rappresenta la fine, significa rendere ancora più forte chi ci sta distruggendo. Allora servono il coraggio e la forza di denunciare, di dire che si ha bisogno di aiuto”.

E di storie di rinascita come quella di Marco il Cirs ne può raccontare altre e spera di poterne raccontare sempre di più. “C'è stata chi appena 14enne è diventata madre, ha trovato la forza di allontanarsi da un ambiente tossico e di crescere una figlia in maniera esemplare, di iniziare a lavorare, affittare una casa e portare avanti l'obiettivo di inserirsi nel settore dei servizi educativi. Ci sono state due sorelle, figlie di professionisti, trovate chiuse in casa in uno stato di psicosi collettiva familiare dopo la morte del padre, tra finestre sigillate, sporcizia e degrado. Anche loro sono risorte grazie a interventi multi-professionali psichiatrici e legali, sono state accolte al Cirs e oggi lavorano, sono libere e autonome, insomma hanno riconquistato una vita normale. C'è ancora un ragazzo – racconta la presidente Maria Celeste Celiche ho incontrato a una festa di compleanno di mio figlio, è nato al Cirs e la sua mamma è stata inserita in un percorso che le ha permesso di iniziare a lavorare come assistente scolastica. Si è risposata ed ha avuto altri due figli che ha cresciuto e fatto studiare. Mi sono emozionata quando il giovane mi ha detto che grazie a noi la mamma aveva svuotato il mare con una noce, che non rinnegava nulla del suo essere figlio di una ragazza madre perchè era fiero di lei, dei suoi sforzi e del suo coraggio”.

Dalle parole ai fatti, è questo lo slogan del Cirs - Comitato Italiano di Reinserimento Sociale che viaggia verso un grande obiettivo: realizzare a Messina un Palazzo della Donna, in cui siano riunite associazioni e realtà di settore, in cui si offrano servizi di conciliazione, ambulatoriali e occupazionali, in cui non si facciano chiacchiere, ma vero reinserimento sociale.

In cui la Giornata contro la violenza sulle donne non sia un appuntamento folkloristico, ma un impegno portato avanti anche con gli uomini e per gli uomini, contro ogni fenomeno di violenza.

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