Messina, nuovo colpo al clan Sparacio. Sequestrato "Il Ritrovo dello Stretto"
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Cambia ancora una volta lo scenario per l’operazione antimafia “Provinciale”, in questo caso per Stefania Sparacio, figlia del boss di Fondo Pugliatti Salvatore Sparacio, che è accusata di intestazione fittizia di beni riconducibili al padre. Rispetto alla prima valutazione del gip che aveva emesso la misura, la Distrettuale antimafia aveva presentato ricorso davanti al Riesame chiedendo sostanzialmente due cose, ovvero che al reato contestato alla Sparacio fosse associata l’aggravante mafiosa, e che fosse sottoposto a sequestro preventivo anche “Il Ritrovo dello Stretto”, che era a lei riconducibile. I giudici del collegio presieduto da Massimiliano Micali accogliendo le argomentazioni della Procura hanno accolto entrambe le richieste: hanno riqualificato il reato a carico di Stefania Sparacio con la contestazione anche dell’aggravante mafiosa, e poi hanno disposto il sequestro preventivo anche del locale “Ritrovo dello Stretto” di viale della Libertà. Scrivono tra l’altro i giudici del Riesame: «Sparacio Salvatore, quindi, come ormai acclarato con pronuncia incidentale cautelare divenuta definitiva, lungi dall'essere un semplice partecipe dell'organismo associativo facente capo a Lo Duca Giovanni, è da ritenersi soggetto al vertice di altro sodalizio mafioso operante nella medesima zona di Provinciale... ciò offre una chiave di lettura diversa rispetto ai plurimi delitti di intestazione fittizia a lui contestati nell’originaria rubrica in concorso con gli altri sodali, già oggetto di titolo cautelare a carico del predetto Sparacio, quantunque anche in relazione ad essi la non condivisa impostazione seguita dal Gip lo abbia indotto a non riconoscere la contestata aggravante di cui all’art. 416 bis 1 c.p.». E quindi, scrivono ancora i giudici «... non può porsi in dubbio, con la stessa valenza gravemente indiziaria, che anche l’intestazione fittizia dei locali in capo alla figlia Sparacio Stefania rispondesse alla stessa logica elusiva volta a schermare tali beni di fronte alla possibilità di essere attinti da misure ablative di prevenzione, così accrescendo le potenzialità economiche della capeggiata congrega da cui peraltro provenivano le risorse impiegate per il loro acquisto».
L'assunzione fittizia delle attività commerciali su Corso Cavour
Lo scorso settembre, in una nuova ordinanza di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale di Messina, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Messina, veniva contestato alla figlia del predetto boss il reato di trasferimento fraudolento di valori in quanto, secondo ipotesi d’accusa, comunque basate su imputazioni provvisorie e che dovranno trovare conferma in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, proprio al fine di eludere le disposizioni in materia di misure patrimoniali previste dal Codice Antimafia, ovvero di agevolare la commissione di altri delitti, quali ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, la donna avrebbe assunto fittiziamente la titolarità di tali attività commerciali, ubicate nel centralissimo Corso Cavour di Messina e note per essere meta preferita della movida giovanile.