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Fatture false a Messina, assolti Franza e Repaci

Dovevano rispondere di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per un'inchiesta della Guardia di Finanza del 2017

Si chiude con un’assoluzione piena, decisa dalla seconda sezione penale della corte d’appello di Reggio Calabria e richiesta anche dall’accusa, la tranche processuale che riguardava i vertici aziendali della compagnia di navigazione Caronte & Tourist Spa, in relazione alle presunte false fatturazioni dell’ex parlamentare messinese Francantonio Genovese girate alla società. Un’inchiesta della procura di Messina che risaliva al 2017, finita a Reggio dopo un passaggio in Cassazione.
Assoluzione decisa con la formula «perché il fatto non sussiste» quindi, per gli amministratori dell’epoca della Caronte & Tourist Spa, Vincenzo Franza e Antonino Repaci, che erano inizialmente imputati del reato di “utilizzo di fatture per operazioni inesistenti”, legato al quadro normativo previsto dall’art. 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, ovvero la “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”.
L’accusa iniziale, ieri cancellata definitivamente dalla corte d’appello reggina, era in concreto quella di aver contabilizzato nei bilanci societari della compagnia di navigazione alcune fatture che avevano come oggetto un’attività “inesistente” di consulenza e assistenza legale, emesse da Genovese.
La vicenda processuale nella sua interezza è stata parecchio lunga anche rispetto al novero degli indagati iniziali. In primo grado, con il rito abbreviato, il gup aveva deciso la condanna di entrambi, Franza e Repaci, ed aveva assolto gli altri coimputati, decisione che non era stata appellata dall’accusa. Il solo Genovese era stato rinviato a giudizio poiché con il suo legale Nino Favazzo aveva optato per il rito ordinario, ed il processo è adesso in grado d’appello dopo la condanna del primo grado. Ma lo stesso Genovese nei giorni scorsi per una vicenda analoga di presunte false fatturazioni legate alla società di famiglia, la Caleservice Srl (in questo caso come “ricevente” e non come “emittente”), ha registrato l’assoluzione con la formula «perché il fatto non sussiste».
Tornando al procedimento che vedeva Franza e Repaci coinvolti, si è arrivati alla corte d’appello di Reggio Calabria perché nei mesi scorsi i loro difensori, gli avvocati Giorgio Perroni e Alberto Gullino, avevano invocato e ottenuto l’annullamento della cosiddetta “doppia conforme” da parte della Cassazione, che convenendo sull’esistenza di vizi di legittimità della pronuncia della corte d’appello di Messina aveva deciso l’annullamento con rinvio per la celebrazione di un nuovo giudizio a Reggio Calabria. Con l’espressione “doppia conforme” - semplificando -, si fa riferimento all’ipotesi in cui si è in presenza di sentenza di primo o di secondo grado contenente analoghe valutazioni del fatto.
Questo procedimento è stato generato da un’inchiesta che nel 2017 portò al sequestro per oltre un milione di euro nell’ambito dell’indagine per evasione fiscale a carico dell’ex parlamentare nazionale Francantonio Genovese. Il provvedimento, un sequestro per equivalente a carico di Genovese, fu disposto nei confronti delle casse societarie delle due compagnie di navigazione Caronte&Tourist Spa e N.G.I, di cui il parlamentare era socio attraverso la Ge.Pa. Srl. Provvedimenti poi definitivamente annullati.
L’inchiesta prese avvio da una complessa attività di verifica fiscale, per gli anni dal 2008 al 2014, nei confronti di Genovese come avvocato. E fu individuato un sistema d’evasione grazie al quale - sempre secondo l’accusa -, sarebbe stata occultata una base imponibile di circa 6 milioni di euro. Questo sia con un costante ricorso all’emissione e all’utilizzo di fatture false tra varie società a lui collegate, sia attraverso la mancata dichiarazione delle parcelle, detenute su conti bancari svizzeri.

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