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Antoci sull'operazione Nebrodi: "Una vittoria dello Stato, per anni troppe connivenze"

«Oggi lo Stato dimostra che quando si unisce, quando le norme vengono applicate, quando nella lotta alla mafia si fanno i fatti attraverso un impegno costante, si dà la possibilità alle forze dell’ordine e alla magistratura di d’intervenire». A dirlo Giuseppe Antoci, presidente della fondazione Caponnetto, davanti all’aula bunker del carcere di Gazzi dove si celebra la prima udienza del processo dell’operazione antimafia «Nebrodi» contro la mafia dei campi.

«L'attività di oggi - prosegue l’ex presidente del Parco dei Nebrodi, padre del Protocollo Antoci - dimostra che in tutti questi lunghi anni nessuno provava a entrare in questo meccanismo per paura e per connivenze, molti hanno perso la vita, ci sono tanti omicidi non risolti nel territorio dei Nebrodi ed è chiaro che abbiamo iniziato questa attività per difendere la brava gente, tutto nasce per difendere un gruppo di agricoltori, non pensavamo che da li si potesse scoperchiare un vaso di Pandora che rappresenta un enorme finanziamento alle mafie nel nostro paese».

«A poco a poco - aggiunge - abbiamo capito l’importanza del nostro lavoro, la scelta era di cambiare strada, abbassare gli occhi e piegare la schiena o continuare con forza pensando che come dico sempre ci sono tanti modi per morire: si può morire in attentati di mafia come sono morti tanti valorosi uomini dello Stato ma si può anche morire di silenzio pensando che anche tu sei vittima e connivente di un meccanismo di silenzio che arma le mani della mafia. Oggi con me ci sono il senatore Giarrusso e l’onorevole Piera Aiello della commissione nazionale antimafia, l’onorevole Dipasquale della commissione regionale antimafia. Tante persone ieri mi hanno telefonato per dire andiamo avanti. Oggi siamo qua per guardare negli occhi coloro che hanno tenuto in ostaggio un territorio e ai nostri occhi sono uniti quelli delle brave persone che per anni hanno subito vessazioni , impoverimento, umiliazioni. Quegli occhi porteremo nell’aula bunker del carcere di Messina , e lo dedicheremo a coloro che non ci sono più che per la lotta alla mafia hanno perso la vita e vorrei dedicare anche ai valorosi uomini della mia scorta che quella notte mi hanno salvato la vita».

Giarrusso: strategia comune sui Nebrodi

«Per la prima volta si è visto questo fenomeno in maniera unitaria, prima venivano viste le singole truffe che si prescrivevano in maniera rapida e si realizzavano dove si percepiscono i soldi. In maniera furbesca i mafiosi facevano arrivare i soldi dell’Unione europea non nel loro conto corrente in Sicilia, ma in altri distribuiti in tutta Italia quindi non c'era nemmeno il tempo di avviare le indagini e il reato era prescritto. Quello che ha fatto imbestialire i mafiosi è stato il lavoro fatto, insieme dalla procura, da Antoci come Parco dei Nebrodi e dalla prefettura che ha inquadrato il sistema in maniera unitaria quindi ha riportato le competenze tutto in un unico tribunale e non si prescrive più, mentre prima era un reato a rischio zero dove si percepivano milioni di euro e non si rischiava niente». Lo ha detto il componente della Commissione nazionale Antimafia Michele Giarrusso, oggi a Messina per l’avvio del processo «Nebrodi» contro la mafia dei campi.

 

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