Generazione nuova, abitudini vecchie. Mangialupi, ma anche Fondo Fucile e Rione Taormina. Un gruppo organizzato che gestisce lo spaccio di droga, con un capo e i suoi associati, un giro d'affari da centinaia di migliaia di euro e tutta una serie di accorgimenti per tenersi al sicuro dai controlli delle forze dell'ordine. Accorgimenti che evidentemente non sono bastati alle 19 persone raggiunte dalle ordinanze di custodia cautelare eseguite stamattina dai carabinieri nell'operazione doppia sponda. Doppia, come la fonte di approvvigionamento della droga, prevalentemente marijuana, accompagnata spesso da piccole quantità di cocaina, che arrivava dalla piana di Gioia Tauro o in alternativa da Catania. Di Catania è Sebastiano Sardo, 31enne già detenuto per altre cause, finito in manette perché ritenuto il fornitore etneo, in stretto contatto con un altro arrestato di oggi, Maurizio Calabrò, 37 anni, figlio di Carmelo, personaggio noto della criminalità messinese tra gli anni 70 e gli anni 90. Era lui il capo dell'organizzazione, almeno fino a luglio 2013, quando fu arrestato perché trovato in possesso di 4,8 kg di marijuana. Dal carcere stesso aveva continuato a dare direttive, sfruttando la finestra della sua cella, che affacciava sulla strada e gli consentiva di interagire a distanza con gli altri membri dell'associazione. Con Calabrò in manette, a prendere le redini dell'organizzazione, secondo la ricostruzione dei carabinieri, fu Giuseppe Valenti, 31 anni, poi sostituito da Marco D'Angelo, 29 anni, che nell'estate del 2013 cominciò a gestire lo spaccio. La sua forza era legata anche alla relazione con la figlia di Giuseppe Trischitta, uno degli storici reggenti del clan di Mangialupi. A D'Angelo nel gennaio 2014 fu sequestrato una sorta di libro mastro sul quale venivano annotate le somme che di volta in volta gli venivano consegnate per le varie partite di droga. A spiccare, alcuni transazioni importanti, come la cessione di stupefacenti a due acquirenti per 23.800 euro. Ciclicamente, il gruppo cambiava cellulari e schede telefoniche, spesso utilizzando sim intestate a stranieri. Venivano consegnate ai sodali ogni venerdi alle 15, nella riunione settimanale per fare i conti e dividere gli utili. La droga nelle comunicazioni era chiamata prezzemolo o rose rosse, molti dei membri dell'associazione utilizzavano le schede solo per mandare messaggi. L'operazione è nata dall'arresto di uno spacciatore che nel marzo 2013 fu fermato con 1,2 kg di marijuana. Dopo di lui, diversi altri corrieri sono finiti in manette, con annesso sequestro di quasi 13 kg di sostanze stupefacenti. Nell'ambito dell'operazione di oggi, l'arresto è scattato invece per Salvatore Di Mento, 37enne già detenuto per altra causa, Filippo Iannelli, 33 anni, Gianluca Miceli, 23 anni, Domenico Giovanni Neroni, 28 anni, Antonino Pandolfino, 24 anni, Paolo Pantò, 34enne anche lui già detenuto per altra causa, Massimo Raffa Laddea, 24 anni e ovviamente per Maurizio Calabrò, Marco D'Angelo, Sebastiano Sardo e Giuseppe Valenti. Antonio Barbuscia, 28 anni, Santino Calabrò, 44, Francesco Crupi, 24 anni, Rocco Valente, 52 anni, già detenuto per altra causa, sono finiti ai domiciliari. Rocco Lanfranchi, 27 anni, e Salvatore Micali, 22 anni, hanno l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Altre due persone sono irreperibili. 31 gli indagati. Sequestrato anche un fucile calibro 12 e registrati diversi altri reati, ascrivibili ad alcuni dei sodali. Insomma, era un gruppo criminale che, al di là della droga, si muoveva a trecentosessanta gradi.
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