Andata e ritorno, da Palermo a Messina passando da Torino (città in cui è cresciuto), la Cina (dove ha cominciato da imprenditore e dove è rimasto sei anni), Dubai (dove vive da oltre 20 anni). Andata e ritorno, dalla Sicilia alla Sicilia, perché il cerchio si chiuda, perché «vorrei farlo per i miei genitori che non ci sono più». Fabrizio Mannino è l’imprenditore con interessi a Dubai e Hong Kong che venerdì ha inviato la pec al Comune con cui ha manifestato la volontà di rilevare l’Acr. Già un contatto a dicembre, poi la trattativa col presidente Sciotto si era arenata. Ora il nuovo affondo. La Gazzetta in esclusiva lo ha raggiunto telefonicamente a Monte Carlo dove ha casa e sta seguendo il Gp di Monaco.
Il suo gruppo ha inviato una pec al sindaco Basile con la quale vengono formalizzate le vostre condizioni e la vostra offerta. Cosa ci può rivelare? Quanto vale l’Acr Messina e che sacrificio è disposto a fare Fabrizio Mannino?
«Sono convinto di aver presentato al sindaco un’offerta molto concreta e consistente sul piano economico, unitamente a tutte le garanzie sul piano morale e della solidità patrimoniale. Nella valutazione ci siamo spinti anche oltre sul piano del valore, non voglio ancora rivelare la cifra (ma si parla di circa 2 milioni e mezzo di euro, ndc) ma posso certamente affermare che abbiamo molto valutato il potenziale futuro. Quando si acquista un club non credo sia giusto parlare di sacrificio, non si può gestire una società di calcio pensando sia un sacrificio quando entra in gioco la passione».
Da mesi lavorate in silenzio. A dicembre un primo contatto con Sciotto, poi quella che sembrava una trattativa in dirittura di arrivo si è arenata. Adesso la nuova accelerata. Lei è stato a Messina e ha incontrato il sindaco chiedendogli di essere garante nella trattativa.
«È stato il presidente Sciotto ad individuare nel sindaco la figura a cui rivolgersi, mi è sembrato corretto muovermi rispettando le indicazioni. Al sindaco non ho fatto richieste se non di poter disporre a lungo termine degli impianti necessari per poter sviluppare la società, ho dato totale disponibilità a collaborare e manifestato il mio interesse ad investire in città ove ve ne fossero le condizioni. Ho presentato un progetto di sviluppo economico sul territorio cittadino. Mi corre l’obbligo di ringraziarlo per l’accoglienza che mi ha riservato». Gli stadi possono essere un punto di partenza, ma a Messina c’è una società che non ha neanche una sede sociale… Bisogna davvero partire dal nulla. «Il presidente Sciotto in questi anni ha fatto con passione e generosità quello che ha potuto e tutti dobbiamo a lui se oggi il Messina è nel professionismo, possiamo certamente affermare che ha colto gli obiettivi che si era posto. Adesso che ha deciso di “passare la mano” credo si debba pensare ad “una fase due” per l’Acr Messina, che non potrà prescindere dal disporre a lungo termine degli impianti sportivi necessari, sul modello delle migliori società europee; in questo senso nell’offerta presentata al sindaco abbiamo inserito precise indicazioni, siamo fiduciosi che le istituzioni locali possano trovare le giuste condizioni per lo sviluppo dell’Acr Messina. Ho già lavorato con i miei più stretti collaboratori sul piano industriale con un preciso modello di sviluppo economico e sportivo per il club, di medio e lungo periodo, abbiamo individuato una sede adeguata a Messina e stiamo già lavorando ad organigramma, per me avere una società organizzata è elemento imprescindibile».
Ma è vero che da dicembre a oggi ha seguito la squadra in alcune trasferte e che nella decisiva sfida casalinga dei playout con la Gelbison era in curva mimetizzato per non farsi riconoscere?
«Sì, è tutto vero, confermo ed aggiungo che ho visto in televisione tutte le partite del Messina, pur se sono spesso in viaggio per lavoro. Ero in curva nel giorno più importante per la squadra, quello del match playout con la Gelbison, sono una persona che non ama mettersi inutilmente in mostra, c’era da soffrire ed il mio posto quel giorno mi sembrava nella curva in mezzo ai cori e le bandiere, ho saltato, cantato ed esultato, non nascondo anche una certa commozione al gol. I tifosi sono una parte importante del “sistema calcio”, in curva ho visto una grande tifoseria che può sostenere categorie superiori, credo che vivere la partita in curva sia stato l’elemento che mi ha definitivamente convinto ad avanzare un’offerta molto seria».
Lei prima di ogni cosa è un imprenditore. Soldi non ne regala ed è giusto che accanto al calcio convivano parallelamente altre iniziative. Ha già incontrato alcuni imprenditori importanti a Messina. Quindi è qui per il calcio ma anche per cos’altro?
«Conosco e stimo Pietro Franza e la sua famiglia ma ho avuto tanti incontri con imprenditori e professionisti perché per me era fondamentale comprendere in quale contesto avrei investito, ho colto grande disponibilità a sostenere un progetto serio e strutturato per quanto riguarda il calcio. Da imprenditore con diversi interessi mi sono convinto ci sia spazio e potenziale a Messina per poter investire in alcuni settori molto interessanti per un gruppo come il mio, mi piacerebbe farlo insieme all’imprenditoria locale ed in accordo con le istituzioni, non voglio essere invadente».
Nato a Palermo, dove ha vissuto pochissimi mesi. Poi infanzia, adolescenza e la laurea a Torino prima dell’avventura da imprenditore in Cina e poi a Dubai dove ormai vive da oltre 20 anni. Ma chi è Fabrizio Mannino e perché i messinesi dovrebbero fidarsi di lei dopo tante delusioni?
«Sono un imprenditore nel campo armatoriale, investimenti anche in piattaforme di petrolio e un fondo – Gavit Investments LTD di Hong Kong – con partecipazioni in diverse società italiane per circa 140 milioni di dollari. Un patrimonio immobiliare tra Dubai, la Svizzera e Monte Carlo. Ciò che possiedo è il frutto del mio duro lavoro, quello che credo conti non è il patrimonio, pur se è innegabile che nel calcio siano necessarie risorse, con il patrimonio non si costruiscono storie di successo per farlo ci vuole moltissimo lavoro, un po’ di intuito e grande serietà nelle cose che si fanno, lo stesso vale nel calcio. La fiducia dei messinesi toccherà a me guadagnarla con le azioni concrete che sarò in grado di porre in essere».
Torniamo alla trattativa. Il tempo è limitato, di sabbia nella clessidra ce n’è sempre meno. Ma al di là della trattativa immaginiamo che si stia muovendo per un progetto tecnico?
«Abbiamo qualche idea in merito ma i tempi non sono maturi per rispondere a questa domanda, se verrà accettata la mia offerta non mi troverete impreparato. Garantisco che verrà scelto un allenatore per traguardi ambiziosi».
Non sarebbe la prima esperienza nel calcio. Lei è già stato presidente della Torpedo Kutaisi, seconda squadra del campionato georgiano.
«Sì, è vero. Una bella esperienza di due anni nella prima serie del campionato georgiano nonostante il periodo della pandemia con tutte le difficoltà che tutti abbiamo conosciuto. I tifosi mi hanno sempre apprezzato e sostenuto per tutti i sacrifici che ho fatto, quando sono uscito ero esausto. Ho ceduto ad un importante imprenditore, mi rimpiangono ma il mio futuro calcistico sarà da altre parti, spero nella mia terra d’origine. Lo devo ai miei genitori che non ci sono più».