L’Italia dello Sport che vince ha il volto felice di Giovanni Malagò. Il sorriso del suo presidente vale più di mille parole: «Cavalchiamo un successo dietro l’altro e questo non può che renderci felici. Siamo il secondo Paese al mondo per numero di vittorie in campionati mondiali, continentali e nelle competizioni olimpiche, non posso che essere orgoglioso di un movimento che ancora può e deve dare tanto».
Il presidente del Coni ha illuminato la tredicesima edizione del “Mimmo Barbaro”, l’annuale premio ideato e organizzato dall’ex provveditore agli Studi di Messina, Gustavo Ricevuto, la cui consegna si è tenuta ieri pomeriggio nell’Auditorium della Gazzetta del Sud. A fare gli onori di casa nella cerimonia il presidente della Ses, Lino Morgante, che ha evidenziato «la forza dello sport in un periodo così difficile per il pianeta, tra la pandemia e una guerra che si combatte a due passi da casa», e il direttore responsabile, Alessandro Notarstefano.
Malagò è stato il grande protagonista di una serata che ha coinvolto anche ex campionissimi della Nazionale che hanno portato con orgoglio il nome di Messina in giro per il mondo. In prima fila c’erano infatti Valerio Vermiglio, Massimo Giacoppo e Silvia Bosurgi, che hanno scritto fantastiche storie di successi nella pallavolo e nella pallanuoto. E ancora Cristina Correnti, ex cestista azzurra e oggi brillante presidente della Fip Sicilia, Sergio D’Antoni, numero 1 siciliano del Coni, e Sandro Morgana, presidente della Figc regionale. Tutti a omaggiare la figura di chi rappresenta i successi di un movimento che non ha ancora finito di stupire.
«Sono molto felice di essere a Messina per ritirare questo importante riconoscimento», ha sottolineato Malagò. «E se sono qui devo ringraziare un grande giornalista dell’azienda che ci ospita, Paolo Cuomo: è stato lui a caldeggiare il mio nome a Gustavo Ricevuto per insignirmi di un premio così prestigioso. Sono particolarmente affezionato a questa piazza che anche in occasione di una precedente visita (nel 2017 alla Cittadella Universitaria, ndr) mi aveva accolto con entusiasmo».
Presidente, Messina deve tanto a quei tre campioni seduti in prima fila che l’hanno accolta e che in azzurro, anche ai Giochi Olimpici, hanno scritto meravigliose pagine.
«Sono molto legato a Vermiglio, Giacoppo e alla Bosurgi e non è una frase di circostanza. Con Valerio ci portiamo fortuna a vicenda. Lo ricordo splendido capitano di una Nazionale che nel 2005, a Roma, salì sul trono d’Europa. Il sottoscritto aveva appena ricevuto l’incarico di organizzare quei campionati e premiare l’Italia campione fu una bellissima emozione. La stessa cosa accadde un anno dopo, quando la Benetton Treviso trascinata proprio da Valerio vinse la Champions League a Roma, laddove le Final Four furono organizzate ancora dal sottoscritto. Ecco perché quando ci incrociamo con Valerio è facile ricordare quei momenti felici».
E invece quella volta alle Eolie...
«Qui entra in gioco Massimo. Immaginatevi di trovarvi incagliati con la vostra barca in mare aperto e non riuscire a sbrogliare la matassa. Quel giorno d’estate, ero in vacanza ad Alicudi, non so come avrei fatto se non avessi incrociato Giacoppo che si trovava su un’altra barca con amici. Fu lui a riconoscermi e non esitò a offrirmi aiuto per liberare un’àncora dai fondali a largo dell’isola. Si tuffò, sparì per un bel po’, prima di risalire dopo averla liberata. Non finirò mai di ringraziarlo, non solo per le imprese firmate in vasca con il Settebello. A Silvia, invece, mi lega la gioia per la mia prima Olimpiade vissuta da membro del Coni. Quell’oro ad Atene, contro le padrone di casa della Grecia, vinto ai supplementari fu un’autentica impresa di un gruppo in cui la Bosurgi era splendida interprete».
Torniamo al presente. La pallavolo italiana sul tetto del mondo è solo l’apice di un biennio di grandi imprese del nostro sport. Ma sarebbe riduttivo parlare solo di due anni magici: le vittorie sono cominciate molto prima, con il lavoro sotto traccia di tutte le Federazioni.
«Sono d’accordo, è la verità. Solo un non conoscitore può immaginare che tutti questi continui successi siano occasionali. Negli sport di squadra la programmazione è indispensabile, un elemento fondamentale per costruire qualcosa di importante. E cito la pallavolo perché è solo l’ultima delle nostre affermazioni più belle: la chiamata di Fefè De Giorgi da parte del presidente federale Manfredi è la dimostrazione che si può voltare pagina e ripartire in breve tempo anche dopo una dolorosa sconfitta, qual è stata quella di Tokyo, con un gruppo giovane ma di talento e straordinariamente motivato».
Dal basket, questa sera, possiamo aspettarci un’altra impresa o sarebbe chiedere troppo agli uomini di Pozzecco?
«E perché no? Siamo arrivati quarti nel girone per differenza canestri sfavorevole, ma la squadra ha una grande anima e Gianmarco ha portato grande entusiasmo in un gruppo che ha talento e qualità da vendere. Certo, ripetersi contro la Francia non sarà semplice. Quasi tutti i nostri avversari giocano abitualmente in Nba e nell’ultima Olimpiade hanno tenuto testa addirittura agli Stati Uniti, restando in partita fino a un minuto e mezzo dalla sirena. Questo dice tutto su una squadra che sta gettando le basi per compiere l’impresa ai prossimi Giochi che disputerà in casa».
Sognare, però, è lecito…
«Certo. Se Spissu gioca come contro la Serbia, se Polonara fa ancora faville, se Fontecchio, Melli e Ricci fanno gli straordinari, se Datome non sbaglia un canestro... Allora, sì, ce la giochiamo fino al 40’ anche contro una potenza del canestro qual è la Francia».
Il 2021 resta un anno irripetibile per i colori azzurri o lo sport insegna a non porsi mai dei limiti?
«Io sono un inguaribile ottimista e quindi tra due anni andremo a Parigi a migliorare il bottino record (40!) di medaglie vinte a Tokyo. Ma non sarà una passeggiata. Il programma olimpico non ci favorisce rispetto al 2021. Avremo una nuova disciplina, la danza sportiva, che assegna medaglie in un campo in cui oggi è impensabile per noi poter salire sul podio. Perdiamo il karate, uno sport, e voi qui in Sicilia lo sapete bene, che ci ha regalato tanto e avrebbe potuto continuare a farlo. Il percorso è difficile, ma ci proveremo. L’Italia nelle difficoltà dà sempre quel qualcosa in più che rende possibile un’impresa impossibile».
Nove anni alla guida del Coni. Cosa la inorgoglisce di più di questo percorso vincente?
«Più delle affermazioni e delle medaglie sono felice che il marchio Coni, il brand dello sport italiano, sia sempre più forte. Nonostante qualcuno avesse provato a tarparne le ali».
La medaglia più bella è Milano-Cortina?
«È la credibilità che hanno all’estero del Coni. E tutto ciò si traduce nello straordinario successo di aver portato le Olimpiadi invernali in Italia».
Il rimpianto più grande sono i Giochi mancati di Roma?
«L’amarezza c’è, ma mi ricollego a quanto detto prima: senza un vero gioco di squadra non si vince. E se nel nostro Paese non riesci a garantire, per le discipline olimpiche di squadra che sono calcio e rugby a 7, almeno otto stadi all’altezza deputati a ospitare gli eventi, allora non sei pronto. Sarebbe stato un grande ritorno per tutto il Paese, compresa la Sicilia che era pronta a puntare forte su Palermo».
Lei è membro del Cio e conosce bene la realtà internazionale: rispetto alle grandi potenze dello sport, l’Italia dov’è ancora indietro?
«L’impiantistica, purtroppo, è un tasto dolente. Avete visto i recenti Mondiali di pallavolo in Slovenia e Polonia? Impianti nuovi e avveniristici, noi invece a Roma siamo ancora con il PalaEur che risale al 1960! E poi, bisogna partire dalla scuola. È da lì che bisogna iniziare a formare i campioni del futuro. Il mio sogno è la creazione dell’associazionismo sportivo che cammini di pari passo con il sistema scolastico».
Il 25 settembre è ormai prossimo: cosa chiede il Coni al governo che verrà?
«Chiediamo il supporto che meritiamo, con portafoglio, ma anche con l’autonomia che abbiamo sempre voluto. Tutto qua».
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