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Comunione con l'autismo, gite scolastiche in sedia a rotelle: a Messina si può, ecco come

Per la narrazione della disabilità quello primaverile è un periodo oltremodo critico. Con l'affacciarsi della bella stagione, abitudini sociali legate a questo periodo dell'anno, quale quella delle gite scolastiche, o cerimonie religiose come quella della Prima Comunione, mettono in luce tutti limiti che - anche in ambienti molto impegnati sul fronte dell'inclusione e dell'accoglienza, come quelli scolastici o cattolici - ancorano spesso l'approccio alla diversità a dicotomie tradizionali, ad una "normocentricità" che fatica a superare steccati, barriere e pregiudizi. Una visione convenzionale riferita per l'appunto ad uno svolgimento "tipico" della socialità, in cui ognuno sa cosa fare ed è capace di adeguarsi al contesto, alle "regole", a ciò che la "società" si aspetta, innalzando sempre più gli standard di performance e abbassando sempre più i limiti d'età.

Quindi, ciò che altera questo ordinato andamento crea scompiglio, portando ad una ricerca scomposta di soluzioni per lo più inadeguate, soprattutto perché - non sempre, ma molto spesso - carenti di quella che dovrebbe essere la reale motivazione di tale ricerca. Il "motore" di ogni relazione umana, il segno elettrocardiografico di cuore battente, scritto 75 anni addietro da madri e padri costituenti nell'articolo 2 della nostra Costituzione: quel "dovere inderogabile di solidarietà politica economica e sociale" di cui la Repubblica "richiede l'adempimento", riconoscendo e garantendo a tutte e tutti i "diritti inviolabili", individualmente e "nelle formazioni sociali". In sintesi: aiutare chi ne ha bisogno - in qualunque modo - non è una scelta arbitraria, una graziosa concessione, una opzione rinunciabile o legata alla disponibilità del momento. E' un preciso dovere per ogni cittadina o cittadino, per ogni essere umano.

E una persona con disabilità ha sempre bisogno di aiuto, un bisogno disperato e perenne, che nasce da un gap incolmabile, di qualunque natura esso sia. Ma ciò non sempre è chiaro.Quindi, nella lunga strada che dall'approccio rigidamente dicotomico ("diverso" e "normale") condurrà pian piano ad uno flessibilmente variegato (diverso "è" normale) continuiamo a registrare episodi come quello dei giorni scorsi, in cui - riferiscono le cronache - un parroco di Teramo di fronte alle intemperanze di un bambino con autismo durante le prove della prima comunione ha proposto alla famiglia di fargli ricevere il sacramento non con il suo gruppo di compagni ma separatamente, in un altro ambiente, per evitare di "disturbare" il sereno collettivo svolgimento della cerimonia. In passato, come si ricorderà, è stato altresì riferito di sacerdoti che non hanno ritenuto di impartire il sacramento a bambini con autismo o altre patologie intellettive per il dubbio sulla reale consapevolezza del ricevente.

Come sempre, una corretta analisi dovrebbe contemplare molti fattori che spesso non giungono agli onori delle cronache, mentre, come ormai molti hanno imparato a comprendere, la casistica comportamentale legata all'autismo è quanto di più sfuggente esista, e - nonostante l'impegno globale sul fronte della "consapevolezza" di ciò che tale dilagante patologia rappresenta - è molto più semplice "parlare" di autismo e di accoglienza, da lontano, piuttosto che trovarsi ad assistere ai comportamenti-problema di un bambino autistico in un momento scatenante, accettarli e attendere che si calmi, e che tutto passi come niente fosse.

Occorre pazienza diffusa, comprensione, molto amore, molta "solidarietà sociale", e un po' di esercizio spirituale, per accettare che un bimbo "intemperante" con i suoi urletti e magari gesti un po' inconsulti, renda un po' più movimentata una cerimonia solenne come la Prima Comunione. Occorre un po' di "palestra" della diversità, sperimentando una socialità più varia e flessibile come, ad esempio, a Messina è possibile fare alla Multisala Apollo, dove una rassegna di cinema inclusivo "autism friendly screening" con grandissimo successo ha portato la domenica mattina in sala bambine e bambini con disabilità, ma non solo, in un ambiente agevolato (luci accese, volume più basso, libertà di movimento, di parola e di portare cibo da casa) risultato apprezzabile in molte altre situazioni. E si riprenderà in autunno con più titoli, più sale e i film in prima visione: per un cinema "friendly" aperto a tutte e tutti.

La Prima Comunione con l'autismo: si può

E sempre da Messina - città che ha appena lanciato un altro segnale significativo di accoglienza con l'Inclusivity Village, all'insegna del "siamo tutti uguali diversi", promosso dall'amministrazione comunale nella giornata contro l'omobitransfobia - arriva una testimonianza forte, la prova di come sia possibile conciliare ciò che appare "inconciliabile", e cioè una patologia a-sociale, come l'autismo, con un momento rituale "convenzionale" soggetto a un preciso schema di svolgimento, qual è appunto il sacramento della Prima Comunione.

Il punto di partenza è sempre lo stesso: la motivazione, il "dovere di solidarietà sociale" avvertito fortissimamente in una scuola paritaria messinese di ispirazione cattolica che, assieme alla parrocchia di riferimento, ha condotto brillantemente la missione impossibile: Gemma, una bimba con autismo di dieci anni, ha ricevuto in tutta serenità la comunione. Un percorso lungo, iniziato molti mesi prima, con la partecipazione dell'intera comunità scolastica: la preside, la responsabile di settore, il corpo docente e non docente e la classe, una quarta elementare cresciuta con la bambina dai tempi dell'asilo e quindi ad essa particolarmente legata, con tutte le sue "intemperanze". Un percorso certamente fondato anche sulla predisposizione individuale (che proprio un ambiente scolastico così attento nel tempo ha amplificato e potenziato) della piccola rispetto alla socialità - molto spesso invece carente nelle diverse manifestazioni del disturbo da spettro autistico - ma coltivato pazientemente, e scandito dall'amorevole impegno della maestra prevalente e dell'insegnante di sostegno sotto diversi aspetti: quello concettuale, con la comprensione adattata dei valori del sacramento, e quello ambientale, preparando adeguatamente la bambina a "sperimentare" ciò che sarebbe successo, provando i passaggi nella chiesa dell'istituto ed entrando in confidenza con il sacerdote. Ma anche sotto un particolare aspetto problematico, legato al momento dell'ingestione della particola di ostia consacrata. Passaggio fondamentale nell'amministrazione del sacramento, ma ostacolo potenzialmente insormontabile per soggetti affetti da forte rigidità e selettività alimentare. In questo caso, invece, un lungo lavoro di desensibilizzazione, condotto dall'insegnante di sostegno in collaborazione con le terapiste, ha permesso di raggiungere l'incredibile risultato: la bambina ha accettato di ingerire, durante la funzione all'altare davanti ai compagni e in una chiesa gremita, un pezzettino del "Pane di Gesù" porto dalle mani del parroco, uomo di Chiesa e di cuore che ha pienamente contribuito al coronamento di questo complesso percorso, rendendosi disponibile ad agevolarlo in ogni modo. Perchè fosse vissuto nella sua pienezza, fatta anche della condivisione con la classe. Un momento esemplare, fortemente voluto dalla comunità scolastica improntata ai valori di solidarietà e partecipazione, un'azione articolata, da manuale di neuropsichiatria infantile "applicata" alla quotidianità, che ha arricchito davvero chiunque vi abbia partecipato. E che dimostra come tutto sia possibile, se c'è la motivazione.

In gita con la sedia a rotelle: si può

Un altro dei temi difficili è, come accennato, quello delle gite scolastiche. Anche in questo caso, dipende. Dipende dal percorso di crescita collettiva e individuale della classe, dipende dalle scelte della meta e della tipologia di viaggio, dipende dalla condizione della persona con disabilità. Dipende dalla famosa motivazione di cui sopra, e da quanto è importante percepire che si tratta non solo di un'opportunità per la persona disabile, ma per tutti gli altri, una grande occasione per dare concretezza al valore di solidarietà sociale, uscendone tutti migliorati. Anche qui le cronache narrano di alunne e alunni con autismo o disabilità intellettive o motorie che restano fuori dalle attività extrascolastiche (e talvolta, per la verità, anche da quelle interne) e rimangono a casa mentre i compagni fanno allegramente le valigie e partono.

Un'analisi corretta e equilibrata - anche giornalisticamente, per evitare storture e spettacolarizzazioni dannose - impone anche qui di valutare caso per caso. Non è facile viaggiare assieme a una persona minorenne con disabilità: non lo è per le famiglie, figuriamoci per gli altri. E' una responsabilità enorme (specie per gli estranei cui il minore con patologia è affidato), una fatica fisica, un impegno ulteriore per le mille necessità specifiche che hanno riflessi "rallentanti" su organizzazioni già complesse. E non sempre è possibile far fare tutto a tutti, lo sanno bene le persone che convivono con la disabilità: fa parte di essa e delle necessità di adattamento sociale. E un'attività mancata può anche non pesare, nell'equilibrio di una quotidianità fatta di partecipazione e condivisione.

Ma se la motivazione di solidarietà sociale è forte, se è intenso l'affetto e il bisogno di avere accanto il compagno o la compagna disabile, se è impensabile l'idea di fare qualcosa senza di lui o di lei, allora tutto cambia, e ogni fatica si attenua. Va sottolineato infatti che per ogni "notizia" di esclusione, ce ne sono invece decine (centinaia? migliaia?, nessuno vieta di sperarlo...) di senso contrario, che magari non fanno "notizia", o non arrivano ai media, e cioè di classi, scuole, insegnanti, compagni e compagne che vivono seriamente e quotidianamente l'impegno di solidarietà sociale, in leggerezza, come ordinaria modalità di comportamento. Spingendo a turno, in senso materiale e metaforico, una carrozzina di cui si divide e condivide il peso.

A Messina, ad esempio, c'è l'Istituto tecnico Jaci, frequentato da Giuseppe, che sulla sua sedia a rotelle è sempre in prima fila, in tutte le attività compatibili con la sua condizione di estrema fragilità e con il suo gradimento. Dal convegno all'Università alla gita "impossibile" al Parco Avventura sui Colli Sarrizzo. Un tema caro quello dell’inclusione per l'istituto diretto dalla prof.ssa Maria Rosaria Sgrò. "La preside e l’intero corpo docente - raccontano - hanno sempre promosso iniziative e progetti che rispettassero i principi dell’inclusività. Giuseppe è un ragazzo socievole, da sempre integrato nel contesto scolastico. I compagni della V AT, classe da lui frequentata nel corrente anno, gli vogliono molto bene e lo riempiono d’affetto e di attenzioni, ad esempio, hanno recentemente festeggiato il suo compleanno, tagliando con lui la torta durante la ricreazione. Giuseppe spesso partecipa alle lezioni intervenendo e rivolgendo al docente delle domande pertinenti, segno di attenzione e di interesse per le materie proposte. Inoltre, partecipa attivamente a tutte le attività extracurriculari o di PCTO, per le quali dà l’adesione, grazie alla possibilità di usufruire di un pullman con pedana, appositamente richiesto dalla scuola in tempi utili. La prima esperienza risale a diversi anni fa, partecipando alla visione di una tragedia greca presso il teatro antico di Siracusa. L’anno scorso è andato in viaggio d’istruzione in Sicilia per tre giorni e nel corso di quest’anno scolastico si è recato al Parco Avventura, a diversi convegni e di recente, sempre usufruendo del pullman con pedana, ha potuto prender parte nell’ambito del PCTO, per un’intera giornata, alla visita presso lo stabilimento della Coca Cola sito a Catania". Assieme all'insegnante di sostegno, angelo custode sempre pronto a vegliare e intervenire, in costante contatto con la famiglia, circondato dall'amore di compagne e compagni e del corpo docente, Giuseppe conduce il migliore percorso didattico e extradidattico possibile, compresa la partecipazione agli eventi promossi nell'ambito della GDS Academy dell'inserto Noi Magazine di Gazzetta del Sud. Una "buona notizia", un esempio che citiamo per conoscenza diretta, e che certamente non è né isolato, né esaustivo. Ma serve, speriamo, a rincuorare e a farci stare un po' meglio. È possibile, si può fare, facciamolo.

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