Dal senso di separazione, che indiscutibilmente connota e permea la nostra società e il nostro tempo, all’unità. Al sentirsi nuovamente parte del Tutto. In un momento storico che con sguardo lucido possiamo definire buio, emerge prepotente un desiderio di evoluzione ed elevazione spirituale che si concretizza attraverso molteplici cammini di riscoperta dell’anima. Il proprio credo religioso o, ancora, lo yoga, la meditazione, lo sciamanesimo. Pratica ancestrale, quest’ultima, che Barbara Lo Giudice, romana ma messinese di adozione, ha dapprima incrociato e successivamente abbracciato fino a scoprire all’interno di essa la propria missione. «Non sono una sciamana. Non insegno, non guarisco – precisa –. Il mio compito è divulgare la mia esperienza e gli strumenti necessari per riconnettersi all’esistenza». Allieva della “Foundation for Shamanic Studies”, Barbara Lo Giudice è praticante secondo le metodologie del “core sciamanism”, un tipo di approccio transculturale che va al di là delle tradizioni in cui si è sviluppato lo sciamanesimo che a sua volta si ricollega alle pratiche animistiche presenti agli albori dell’umanità, quando l’uomo viveva a contatto e in perfetta sincronia con la natura». Nonostante la sua ricca complessità, è possibile dare una definizione dello sciamanesimo? «È difficile. Tuttavia, possiamo considerarlo la via del cuore, dell’esperienza diretta con lo Spirito, il contatto con la “vera” realtà. Viviamo in un mondo razionale, frutto del progresso scientifico, e ci approcciamo all’esistenza in modo “ordinario”. Lo sciamanesimo, invece, contatta realtà non ordinarie. Aiuta a prendere coscienza del nostro essere multidimensionale, dell’energia che ci compone. La razionalità soffoca e limita questa nostra natura». Soffermiamoci adesso sulla figura dello sciamano. «È proprio colui che segue la via del cuore, che vede nell’oscurità ed entra nei mondi non ordinari. Aiuta e guarisce, in termini spirituali ovviamente». Una volta intrapreso, quali cambiamenti produce questo cammino a livello esistenziale? «La consapevolezza del “qui e ora” è una delle caratteristiche principali dello sciamanesimo. La persona diventa più “presente” e, entrando in contatto con gli spiriti della natura, con la loro sapienza e saggezza superiore, acquisisce gli strumenti per ritrovare la connessione. Il proprio animale di potere, poi, è fonte di grande forza vitale. Come tutte le altre pratiche olistiche, lo sciamanesimo consente di superare quelle soglie di separazione indotte dalla società e che generano un forte senso di vuoto». Abbiamo vissuto tre anni molto difficili. E molti hanno sentito un forte bisogno di ritrovare la dimensione spirituale. «La pandemia ha dato inizio, citando San Giovanni della Croce, a una “notte oscura dell’anima”. Periodi così, tuttavia, sono sempre la gestazione di grandi cambiamenti. La paura ha generato la voglia di iniziare un lavoro di ricerca e adesso si avverte un’energia diversa, più pura». Da 18 anni ormai Messina è la tua casa, qui lei tiene regolarmente cerchi sciamanici. Chi si accosta a queste pratiche? E, più in generale, è presente in città un fermento spirituale? «Innanzitutto sono convinta che si arrivi sempre per “chiamata”, mai per caso, anche se apparentemente si è spinti dalla curiosità. Rispetto al mondo olistico, Messina è ancora piuttosto indietro, ma è cresciuta molto negli ultimi vent’anni. Grazie soprattutto alla presenza di poli energetici importanti, insegnanti che rappresentano, per coloro che iniziano questi cammini, guide di grande valore».