«Noi ci siamo. Alle famiglie diciamo di riconoscere la disabilità perché la consapevolezza è il primo passo. E fare tutto il possibile per educare il proprio figlio ad essere autonomo crescendo insieme con gli altri. I nostri figli ci hanno insegnato ad essere attenti. Anche ai figli degli altri. Che sentiamo nostri». Tre ali. Il nome è simbolico perché quel terzo cromosoma, quello in più, che determina la sindrome di down, non rappresenta un limite ma una forza propulsiva per far volare in alto questi bambini e chiunque ne sfiori il cammino. E questa realtà messinese è come se avesse tante ali, per ora, perché sono tante le disabilità che cura con amore e spirito di collaborazione. E tutto comincia a prendere forma nel 2003: «Tutto – raccontano Stefania Taviano e Angela Pizzimenti – è nato dal desiderio di due coppie di genitori, un pediatra, il professor Francesco De Luca e alcuni amici, di dare ai propri figli, ai bambini down di Messina e alle loro famiglie, un punto di riferimento unico per la Trisomia 21, come da tempo ormai ne sono presenti tanti in tutto il territorio nazionale». E proprio il dottor De Luca, che aveva avuto molte esperienze con i ragazzi down, ha incoraggiato quella che possiamo definire la coppia che ha dato lo start a tutto.
Primi passi
Angela Pizzimenti, che nella vita faceva la biologa e si era nutrita con l'esempio del dare e del fare e suo marito, l'avvocato Paolo Gatto, scisso tra il diritto e la disarmante bellezza dell'occhio attento verso il prossimo: «La vera spinta è arrivata con la nascita di Lorenzo nel 2003 – precisa Angela – il mondo del volontariato non era per noi sconosciuto, io da biologa avevo un po’ studiato la sindrome di down, ma poi è arrivato Lorenzo senza nessun avviso dopo una prima gravidanza assai difficile e un figlio che abbiamo adottato. La sua nascita ha rimescolato le nostre vite». La coppia si rese conto che bisognava dare impulso al verbo agire vedendo anche cosa succedeva oltre Stretto, precisamente a Verona. E Lorenzo, in quel frangente, aveva solo tre mesi. Primi passi? Attrezzarsi già a casa con piccoli esercizi psicomotori e fratelli che si rotolavano a terra con il piccolo che si affacciava alla vita. Dal 2007 al 2016 l'associazione si è autofinanziata con donazioni private e vendite di oggetti: «Io entro in gioco – incalza la presidente di “Tre ali” Taviano, mettendo ordine tra il progetto e i pensieri – quando mi sono resa conto che le famiglie vivono un attimo di smarrimento. Diciamo che l'ho sperimentato sulla mia pelle perché quando mi hanno detto che mio figlio, che oggi ha 9 anni, aveva la sindrome di down, avevo già partorito. E al momento delle dimissioni mi avevano consigliato di rivolgermi alla famiglia Gatto, che nel frattempo aveva detto a tutti gli ospedali e non solo, in verità, che erano a disposizione per tutte le famiglie. E questo fu provvidenziale perché le informazioni che si trovano non ti spiegano veramente come affrontare l'unicità di tuo figlio. E in ogni caso io al mio bambino non l'ho mai privato di nulla. Ha fatto sport come sua sorella maggiore a sei mesi era già in acqua anche se oggi non fa più nuoto. Adesso? Fa karate ed è cintura gialla».
Le richieste
L'associazione, operante dal 2007, ha ricevuto la convenzione dalla Regione nel 2016 e da allora gestisce un Centro di riabilitazione indirizzato a bambini con disabilità di vario tipo, allargando quindi l'offerta anche al di fuori della sindrome di down. La richiesta è notevolissima e le terapie offerte spaziano dalla logopedia alla neuro-psicomotricità ed oltre, con particolare attenzione al supporto alle famiglie ed all'intervento tempestivo a complemento delle attività riabilitative. L'equipe, come ha rimarcato il direttore amministrativo Fabrizio Fiorello, è giovanissima, essendo composta in gran parte da professionisti che dopo aver fatto il tirocinio universitario in questa bella realtà hanno deciso di restarvi una volta conclusi gli studi. La squadra al momento comprende 13 persone, con una notevole presenza di quote rosa, 10 , alcune delle quali inserite già in maternità e poi entrate a pieno regime. Che indossano un sorriso da regalare.
La storia di Lorenzo
Era il 2001. Angela e suo marito erano traboccanti di gioia nello scatto che li ritrae. Era la festa nazionale delle famiglie e per l'occasione era prevista la beatificazione di una coppia di sposi: i coniugi Beltrame-Quattrocchi che hanno fatto la storia. «Eravamo lì – ricorda Angela – grazie a un amico sacerdote, don Renzo Bonetti . Abbiamo portato il saluto delle famiglie del Sud a Papa Giovanni Paolo II che inaspettatamente ci ha avvicinato. Noi, infatti, dovevamo stare sotto al palco e invece ci hanno fatto salire e da qui è nato un bellissimo incontro immortalato in una foto ricordo. Il Papa, come dimenticarlo, ha baciato i bambini. Allora soltanto i primi due». Mamma Angela sorride, prende una pausa e ricorda che dopo, inaspettatamente, hanno scoperto che la sua famiglia sarebbe cresciuta con l'arrivo di un nuovo componente: Lorenzo, armato di mille passioni. «Ho 19 anni – racconta – ho frequentato l'Antonello e mi sono diplomato quest'anno e ora lavoro in un bar dove ci sono colleghi molto simpatici. Mi piace tantissimo cucinare e sono pure bravo a fare torte e biscotti di pasta frolla». Il ragazzo non è rimasto mai con le mani in mano e solo il Covid aveva frenato la sua voglia di fare. L' ambiente dei bar, tra spritz e cappuccini ,dove ha fatto pure il suo periodo di alternanza scuola-lavoro, gli piace tantissimo e ora l' ultimo “impiego” lo rende felice grazie anche ai colleghi che sono diventati amici. E come ci tiene a precisare il tragitto lo fa rigorosamente a piedi e da solo. Dando forza, in fondo, a quelle ali che i suoi genitori gli hanno voluto mettere pensando ad altri figli di Messina. E non solo. Perché Lorenzo ha scritto la storia e in tanti seguiranno le coordinate da lui tracciate.