Si tiene oggi a Messina, alla Fondazione Horcynus Orca di Capo Peloro, la giornata conclusiva della Biennale dello Stretto, il laboratorio internazionale di idee apertosi lo scorso venerdì a Campo Calabro e snodatosi tra Sicilia e Calabria, promosso da 500x100 società benefit con le città metropolitane di Messina e Reggio, l’ordine degli architetti di Reggio e in collaborazione con l’Ordine di Messina. A supportare l’evento anche gli Atenei di Messina e Reggio. Ad aprire i lavori l’ideatore del format, l’architetto Alfonso Femia, assieme a Giuseppe Giordano, presidente della Fondazione, e Luciano Marabello, componente del Coordinamento scientifico. Francesca Moraci è la co-curatrice con Femia, della mostra “Le tre linee d’acqua”, mentre Mariangela Cama coordina la Biennale. Presenti i presidenti degli ordini degli Architetti di Reggio, Ilario Tassone, e Messina, Pino Falzea. Dibattiti e talk anche oggi si avvicendano sul tema Altri futuri, per tracciare linee di sviluppo sostenibile e ripensamento dei modelli abitativi che facciano del Mediterraneo uno snodo nevralgico di idee e progettualità. Tra gli interventi quelli della soprintendente Mirella Vinci e del fondatore di Fiumara d’Arte Antonio Presti. Tra le esperienze raccontate quella del Farm Cultural Park di Favara, con Andrea Bartoli, e del Laboratorio Photo Città della Pieve. Presenti studentesse e studenti delle classi terza quarta e quinta sezione architettura del Liceo artistico Basile con i docenti. E proprio ai giovani si sono rivolti Bartoli, ammonendoli a non farsi mai convincere da chi pensa che non si possa cambiare nulla, e Presti, in un emozionante intervento in cui ha tuonato contro la “dittatura dell’ignoranza” e contro chi educa intere generazioni a “chiedere e non a fare”. Molto significativa in queste giornate la partecipazione dei giovani agli eventi della Biennale in particolare all'inaugurazione sono intervenuti studentesse e studenti del polo Brutium di Cosenza con la preside Rosita Paradiso e i docenti.
Ecco il programma di oggi:
REALISMO IMMAGINARIO MEDITERRANEO
Attilio Navarra fondatore Laboratorio Photo Città della Pieve, Valentina Vannicola fotografa, Roma, Tonia Santacroce direttore Festival D’Autunno, Catanzaro, Lillo Giglia architetto, Favara, Agrigento, Andrea Bartoli, Florinda Saieva, fondatori Farm Cultural Park, Favara, Agrigento, Mirella Vinci soprintendente dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana di Messina, Antonio Presti presidente Fondazione Fiumara d’Arte, moderano Alfonso Femia e Francesca Moraci. Invito al dialogo Lilia Cannarella, responsabile Dipartimento Partecipazione, inclusione sociale, sussidiarietà CNAPPC, Sara Banti Abitare.
15-16 ALTRI FUTURI Francesco Cicione fondatore Harmonic Innovation Hub, Catanzaro, Giuseppe Capicotto general manager eFM, comitato direttivo La Biennale dello Stretto, Francesca Moraci docente Università Mediterranea Reggio, Pietro Franza presidente Sicindustria Messina (invitato a partecipare), moderano Alfonso Femia e Valentina Gingardi, urban designer. Invito al dialogo Flora Mondello architetta e amministratrice Gruppo Gallio, delegata agroalimentare Sicilia, Sicindustria.
16.15-17.15 HYDROPOLIS, L’ACQUA A SIRACUSA E LOCRI Sonia di Giacomo presidente Ordine degli architetti OAPPC Siracusa, Elena Trunfio direttrice Museo e Parco Archeologico Nazionale di Locri. Modera Michelangelo Pugliese, coordinamento scientifico La Biennale dello Stretto. Invito al dialogo Bernardo Fazio presidente Archeoclub Messina.
17.30-20.30 FINISSAGE: VERSO LA BIENNALE 2024 Alfonso Femia e Francesca Moraci curatori La Biennale dello Stretto, Salvatore Cuzzocrea rettore Università degli Studi di Messina, Mariangela Cama coordinamento generale La Biennale dello Stretto, Filippo Grasso delegato del Rettore al turismo, Università di Messina, Ilario Tassone, Giuseppe Capicotto, Simonetta Cenci, Salvatore Vermiglio (comitato direttivo La Biennale dello Stretto), Gaetano Scarcella, Francesco Messina, Luciano Marabello Salvatore Greco, Michelangelo Pugliese (coordinamento scientifico La Biennale dello Stretto), Alessandra Ferrari Dipartimento Promozione della cultura architettonica CNAPPC, Pino Falzea Presidente Ordine degli Architetti Messina, rappresentanti delle Istituzioni di Calabria e Sicilia. Modera Paola Bottero, viaCondotti21, LaC Network.
Intrattenimento musicale Flowin Trio -Gianfranco Torrisi, chitarra; Tom Pugliese, contrabasso; Federico Saccà, batteria.
Agire sostenibile: il futuro è verde e blu (di Giusy Ciprioti)
“Agire sostenibile” per uno sviluppo capace di guardare all’oggi disegnando i benefici di domani: alla Biennale dello Stretto ieri a Forte Batteria Siacci una tematica di urgente attualità, non più un teorema, ma una concreta direzione da intraprendere.
Il dialogo si è svolto con Andrea Margaritelli (presidente In/Arch, ideatore Green Table e Seeds Perugia), Gaetano Giunta (segretario generale Fondazione di Comunità di Messina), Michelangelo Pugliese (coordinamento scientifico Biennale dello Stretto), Maria Elisabetta Biffis (tenuta Acton di Rizziconi) e Federica Basile (operation manager Fattoria della Piana di Reggio). Partendo dagli input forniti da Alfonso Femia, Luciano Marabello, e Silvano Arcamone (responsabile rigenerazione urbana e lavori pubblici della direzione generale Agenzia del Demanio), per primo Giunta, di fronte a studentesse e studenti dei licei artistici di Pizzo e Reggio ed universitari, illustrando esperienze strategiche attuate, ha sottolineato come la crisi ambientale sia strettamente connessa a quella economica. E poi Biffis e la storia di un’azienda agricola secolare con la sua dimensione economica e sociale, che non trascura, anzi affronta, la sfida del sostenibile, tramite recupero ed innovazione che cammina pari passo alla qualità. L’agricoltura come processo sostenibile, pure nelle parole di Basile che ha parlato delle decisioni, in tal senso, assunte sulla scelta degli impianti, avanzati e non impattanti, per la produzione della propria impresa. Margaritelli, occupandosi di green ha messo in relazione quanto, pur sembrando in contrasto con le peculiarità del mare, il verde sia legato al blu del Mediterraneo, e quale è il ruolo delle foreste e dei mari, da preservare sani, per invertire il cambiamento climatico e per l’assorbimento delle emissioni dannose.
«In Italia - ha detto evidenziando quale sia il trend da incrementare - vi è un’ampia forestazione, ma è lasciata a se stessa, solo il 2% infatti è gestito così da sottrarre anidride carbonica”. “E’ importante superare il concetto di sola sostenibilità ambientale - ha rimarcato Arcamone - e parlare di sostenibilità integrata, che tiene conto del lato ambientale e di quelli economici e sociali. Le opere pubbliche devono farsi carico di tali elementi e rispondere sì agli aspetti economici, cui in qualche modo si è sempre comunque risposto, a quelli ambientali, sui quali adesso c’è particolare attenzione con il rispetto di specifici criteri e l’adozione di protocolli, ma anche alla componente sociale, che non sempre viene considerata nell’ambito di un’opera: dobbiamo avere la consapevolezza e quindi assumerci la responsabilità, che ogni realizzazione ha una ricaduta sociale sul territorio e ciò va già previsto anche nelle azioni progettuali».
Ieri intanto anche il secondo appuntamento con “Letture a Sud”. Protagoniste, presentate da Simona Finessi (di Platform), le docenti dell’università della Basilicata Laura Pavia e Ina Macaione con “Rigenerare a Sud - Rigenerare il Sud”, (atlante dei luoghi della rigenerazione urbana, opera di costruzione di un’intelligenza collettiva e panoramica su chi opera nel Mezzogiorno) assieme a Davide Vargas con l’opera “Napoli scontrosa” la cui genesi si ritrova in “una geografia del Sud fatta di bellezza e dolore” per poi svelare l’essenza più vera della città. Ed ancora, analisi reale di difficoltà e ostacoli, ma con alcuni semi di speranza che germogliano, quella del giornalista Giuseppe Smorto con “A Sud del Sud”. Un viaggio tra il bianco e il nero, tra le storie di chi nonostante situazioni complicate resiste e compie qualcosa che merita di essere narrato anche per il superamento di cliché negativi che spesso bollano il Meridione, che però ha bisogno di politica ed economia. Il talk si è concluso con i docenti universitari (Federico II) Giovanni Multari e Michelangelo Pugliese autori di “Architettura e paesaggio per l’esistente”, lasciando un messaggio: “affidarsi ad una costruzione legata alle comunità potrà divenire il modo per garantire risposte ai territori”. L’umanità sempre al centro nell’immaginazione del futuro.
Lo sviluppo costiero legato a quello dell’entroterra (di Giorgio Gatto Costantino)
Vie di fuga o vie di sviluppo? “Faglie” di contrapposizione demografica o koinè culturale? Le molteplici contraddizioni del “Mare nostrum” (o Mare Mostrum come evocato in un contributo della prof.ssa Consuelo Nava) sono state condivise ieri nel talk della quarta giornata della Biennale dello Stretto condotto da Alfonso Femia e Laura Andreini dal titolo “Le vie del Mediterraneo”.
Rotte reali e immaginifiche capaci di tratteggiare un’identità unica e complessa in cui le terre e gli uomini si influenzano a vicenda come raccontato dall’architetto Mosè Ricci (università di Trento) nel testo scritto assieme a Margherita Pasquali e Silvia Mannocci “MedWays. Open Atlas”: “L’idea di questa ricerca era di cogliere il senso del Mediterraneo, questo luogo del mondo al fondo di tutte le classifiche ma in cui tutti vogliono stare”. Un luogo liquido in cui vero e falso si miscelano come nell’Odissea, uno dei testi guida dei ricercatori. Uno spazio contrassegnato dalle sue isole grandi e piccole. Soprattutto piccole, come Patmos nella cui piazza principale le panchine danno le spalle all’apparato istituzionale perché guardano il Mediterraneo. E ancora Ponza, “la città perfetta” base della flotta napoletana e cornice di una cava romana dove è possibile fare il bagno. “Quando ti ci tuffi capisci che sei in un posto epico”. Questo è quello che il Mediterraneo ti insegna: “siamo in un posto in cui sei consapevole che è già successo qualcosa”. Per non dimenticare Favignana, l’isola segnata dalle cave e dalla tonnara: “Qui è stato inventato il tonno in scatola”. E infine tutti gli spunti per gli architetti chiamati ad una sfida unica specie dalle nostre parti: rigenerare milioni di case abbandonate piuttosto che costruirne di nuove. E così su questo tavolo blu invece che verde, si lanciano i dadi dello sviluppo futuro in una scommessa intergenerazionale delineata dagli altri ospiti che hanno messo in relazione “l’oceano mediterraneo” con altre realtà e potenze regionali come la grande Cina devastata dalla politica della mono-natalità imposta dal regime.
Proprio le grandi tendenze demografiche sono state spiegate da Delio Miotti, già dirigente Svimez: “La parte nord del mediterraneo è in una sorta di trappola demografica con poche nascite, invecchiamento e riduzione della popolazione. Al sud, specialmente in Egitto, invece c’è una crescita demografica importante”. Come contemperare le due realtà? Prendendo coscienza che serve uno sviluppo congiunto con un assorbimento di nuovi cittadini e non solo di lavoratori stagionali sul modello della Germania che ha ridotto il suo gap grazie a una politica lungimirante di assimilazione.
«A livello locale – ha evidenziato la prof.ssa Francesca Moraci - si devono fare scelte politiche coraggiose. Magari “cambiando rotta” per superare gli… scogli del particolarismo localistico come quello che ha segnato e rallentato la nascita dell’autorità portuale dello Stretto a causa dei veti contrapposti delle due regioni coinvolte: alla visione tecnica si è sovrapposta la visione politica». E una “visione politica” è stata poi sollecitata da Alfonso Femia a Bruno Discepolo, assessore all’urbanistica della regione Campania per il quale le aree rivierasche devono essere sinergicamente collegate alle aree interne. Strumento utilizzato dalla regione è quello del masterplan. «Le città di mare hanno un rapporto naturale con il retroterra e con la sua economia»: in sostanza non si può immaginare uno sviluppo della costa se non si rafforza l’economia dei piccoli borghi dell’entroterra collinare da cui la gente scappa inesorabilmente. La crisi delle aree interne e dei piccoli borghi dipende da un’insufficiente capacità di visione. Quali politiche mettere in atto? «Bisogna puntare su nuovi strumenti come il programma integrato di valorizzazione dei territori costieri in relazione con i territori dell’entroterra per sfruttare le risorse endogene di questi territori in un ambito allargato di area vasta».
A conclusione il film “Vedrai ciò che un giorno desiderasti” è stato al centro del dialogo tra l’ammiraglio Andrea Agostinelli, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale di Gioia Tauro, il giornalista Giuseppe Smorto, Giorgio Tartaro e Patizia Nardi (Unesco) con Alfonso Femia.
Raccontare il Mediterraneo (di Cristina Cortese)
«Nello Stretto, metafora dei tantissimi Mediterranei invisibili, c’è sempre una storia da ricercare, da scoprire e da partecipare». È l’incipit della giornalista della “Gazzetta del Sud”, Anna Mallamo, moderatrice dell’interessante finestra sul “raccontare il Mediterraneo” animata dai contributi di Annarosa Macrì, giornalista; Gioacchino Criaco, scrittore e Lelio Bonaccorso, illustratore. Un dialogo incentrato sull’importanza di ritrovare le parole e la voce; la percezione di quello che abbiamo intorno quale atto da costruire con consapevolezza: perché le storie non sono mai abbastanza, e soprattutto, in quel tornare e restare che le caratterizza, hanno la straordinaria peculiarità di fare da collante.
Così, ad un certo punto della sua vita giornalistica, “stanca” di raccontare gli altri, Annarosa Macrì decide di rivivere la contemporaneità dei suoi luoghi; quelli che non possono prescindere dalla storia delle persone che li hanno visti e vissuti. «Sono ritornata su quel pezzettino di mare che da Calamizzi si stende fino a Ganzirri; sulla mia finestrella sacrificata sullo Stretto che, pur così piccola, mi regala tante emozioni ed ho capito che la vita di una persona è tutta anticipata in un certo luogo dell’infanzia», spiega la Macrì riferendosi al promontorio reggino e aggiungendo: «Tutto quello che si è verificato nel tempo, era già avvenuto in un’estate molto lontana, quando io avevo otto anni e la mia casa non era altro che un capanno-cabina dentro lo stabilimento balneare “Procopio” della Reggio negli anni 60. Su quella piccola veranda all’ombra della piantina di basilico, mia madre dava lezione ai suoi allievi e noi tutti eravamo i padroni del mare ed io imparai a nuotare a tradimento. Questo paesaggio rappresenta la mia storia; è un mare che tengo d’occhio ogni volta che vi ritorno e la Sicilia che ho di fronte non è solo la direzione ma è anche l’emancipazione».
Ed ecco Criaco, “il custode delle parole”, come lo introduce Mallamo, richiamando il suo romanzo e la sua storia di radici e di identità nel cuore di un Aspromonte selvaggio, dove il grecanico resta uno degli ultimi baluardi di un mondo prossimo a scomparire. Nella contemporaneità, lo scrittore è riuscito ad entrare con tutta la drammaticità delle sue vicende narrate e la forza dei suoi personaggi ed oggi il suo messaggio -stimolo alla Calabria non può restare inascoltato. «Un popolo quando perde le parole, è più che morto; o forse, ancor meglio, è come nascesse solo in quel momento; la parola – rivendica Criaco- è ciò che unisce una intera cultura con il mondo esterno; noi calabresi non abbiamo messo nulla di nostro nella modernità che vogliamo vivere ed allora non c’è altra soluzione se non cambiare prospettiva; sentirci abitanti di un universo più grande; costruire dal Sud un mondo culturale che sia interlocutore dell’Occidente».
Altra finestra: le parole servono anche per orientare nello spazio. Ecco la forza dell’immagine che diventa strumento di lavoro e di passione in Lelio Bonaccorso. «Ogni storia è un patrimonio di identità; una opportunità unica di portare all’esterno un racconto ma anche di raccogliere una ricchezza che viene dal linguaggio interdisciplinare. Sono due i principi che seguo: conoscere la vicenda e che la stessa mi emozioni», ammette l’illustratore entrando nel fascino e nell’utilità dei fumetti «quali strumenti narrativi, didattici e conoscitivi che meritano di essere diffusi, per parlare anche e soprattutto di una Calabria bella ma anche forse poco conosciuta».
Dunque, anche il linguaggio, verbale, scritto e iconografico, diventa una preziosa risorsa nei percorsi delineati dalla Biennale dello Stretto, al fine di migliorare l’abitare, lo sviluppo sostenibile del territorio, abbracciare nuove frontiere dell’architettura e dell’urbanistica e promuovere processi innovativi di crescita. Un percorso che, lanciando uno sguardo di speranza sul futuro, può essere racchiuso in tre parole chiave: passione, sentimento e sogno.
Progetti che guardano al futuro e si dipanano lungo le due direttrici sostanziali di questa Biennale: le tre linee d’acqua, elementi che identificano e descrivono il territorio dello Stretto e di tutte e tre le rive del Mediterraneo, e la proiezione dello Stretto verso una dimensione internazionale.
Partire dal racconto della condizione locale, comprendere cosa funziona e cosa non funziona è fondamentale per costruire una visione aperta, non localistica, che possa ampliare e riverberare sulle aree vicine fino a sconfinare di regione e di nazione, convogliando intenzioni e volontà.
È su questo presupposto che, nel contesto de La Biennale dello Stretto, sono stati organizzati due mini talk, I Caffè della Biennale, sulla terrazza dell’Alta Fiumara Resort, a Villa San Giovanni, conversazioni brevi su governance ed energia, che hanno visto coinvolte le amministrazioni locali di Villa San Giovanni, Fiumedinisi, Nizza di Sicilia e della città metropolitana di Reggio Calabria.
Hanno partecipato alla prima sessione la sindaca di Villa San Giovanni, Giusy Caminiti, il sindaco di Fiumedinisi, Giovanni De Luca, Salvatore Fuda consigliere dell’Ambiente della Città Metropolitana, Paolo Zavettiere, associazioni Comuni dell’area grecanica e Giuseppe Putortì, direttore Ente Parco Aspromonte; Carmelo Versace, sindaco della città metropolitana di Reggio Calabria, Caterina Trecroci, presidente del Consiglio Comunale di Villa San Giovanni, Costanza Hermanin, Renato Sergi, ingegnere, e Gaetano Scarcella, presidente del Consiglio Comunale di Nizza di Sicilia.
Sono emerse riflessioni che mettono in luce poche semplici esigenze di trasformazione. Villa San Giovanni, la città “di transito” vuole diventare un centro urbano “con” il porto e non “del” porto. E le tre linee d’acqua che connotano il tema della Biennale sono sia fisiche, sia culturali e suggeriscono la riconnessione tra i sentieri che l’acqua definisce dai monti alla costa messinese.
La sfida è il cambio di prospettiva. Ed è proprio un cambio di prospettiva quello che offre la Biennale, contribuendo a offrire una visione ampia con sguardi sulle altre rive del Mediterraneo che va oltre le specificità del territorio strettese, proponendo un laboratorio che possa contribuire con competenze internazionali, dialogando e arricchendo la dimensione locale.
La proposta progettuale mette lo Stretto al centro di una rete di parchi urbani, dall’Amendolea a Gioia Tauro che possa avere un contrappunto anche sul versante siciliano da Taormina a Capo Peloro. La costruzione di un sistema di parchi dall’interno alla costa rientra in un piano strategico che già esiste, ma che esprime progetti autonomi senza connessioni.
In sintonia sullo scambio internazionale è la città metropolitana di Reggio Calabria che attraverso il suo sindaco ff, Carmelo Versace spiega come “la vera sfida oggi è fare in modo che la Biennale non sia solo un evento, ma un vero e proprio appuntamento da ripetere nel tempo e soprattutto un punto di riferimento da mettere a disposizione del territorio e della comunità dello Stretto”.
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